Nei guai molte aziende tra i territori di Sabaudia e Terracina dove quasi la totalità dei lavoratori è d’origine straniera
LATINA – Contrasto al lavoro sommerso e irregolare con la contestuale verifica del rispetto della tutela dei diritti dei lavoratori sono tra le priorità operative della Guardia di Finanza, attività finalizzate non solo al recupero delle somme illecitamente e a vario titolo sottratte alle casse erariali ma anche alla prevenzione di condotte illecite, soprusi e sfruttamenti che i dipendenti possono vedersi costretti a subire pur di mantenere il proprio posto di lavoro, spesso a condizioni economiche e di prestazioni orarie non aderenti alla normativa giuslavoristica.
In tale ottica si inquadrano le attività ispettive avviate ieri da parte dei militari del Comando Provinciale di Latina nei confronti di 8 aziende agricole attive nel settore agroalimentare, alcune delle quali in forma di cooperativa.
In particolare, sono stati effettuati interventi presso le sedi, i campi e le serre di coltivazione delle aziende interessate, operanti nelle aree dei comuni di Sabaudia e Terracina, mediante l’impiego di oltre 50 finanzieri, appartenenti al Nucleo di polizia economico-finanziaria di Latina, alla Compagnia di Terracina e alla Tenenze di Sabaudia, con il supporto del mezzo aereo (elicottero) del Reparto Operativo Aeronavale di Civitavecchia al fine di monitorare anche dall’alto la presenza di lavoratori o braccianti, in ragione della particolare estensione delle aree agricole interessate.
Le Fiamme Gialle, oltre ad acquisire, per il successivo esame, documentazione contabile ed extracontabile relativa alla gestione delle società e in particolar modo ai rapporti lavorativi in essere, hanno identificato i lavoratori presenti, nonché acquisito anche dai dipendenti stessi informazioni in ordine all’effettiva natura del rapporto di lavoro, alle caratteristiche delle prestazioni svolte e alle condizioni lavorative.
Nel corso degli interventi sono stati identificati n. 103 lavoratori, tutti di nazionalità estera (in particolare, indiana, del Bangadlesh e nord-africani); tra questi 6 sono risultati del tutto privi del permesso di soggiorno e, dai primi riscontri, sono emerse irregolarità sul almeno 50 posizioni lavorative, quali ad esempio la totale assenza di contratto di lavoro o un numero di ore effettivamente prestate in eccesso rispetto a quelle risultanti dal contratto o ancora la corresponsione di salari e paghe orarie per importi inferiori a quelli dichiarati ufficialmente.
Sono in corso mirati e specifici approfondimenti al fine di ricostruire le singole posizioni e di verificare anche la sussistenza di ulteriori e/o più gravi condotte abusive, di sfruttamento, di “caporalato” etc..
Gli interventi avviati ieri – che si aggiungono ad altre attività già da tempo in corso nello specifico settore, alcune delle quali in via di definizione – rientrano nella più ampia strategia di contrasto al c.d. “sommerso da lavoro” e alle correlate forme di sfruttamento di manodopera, uno degli obiettivi strategici del Corpo; il c.d. “lavoro nero”, infatti, arreca danni all’intero sistema economico nazionale perché sottrae risorse all’Erario, mina i diritti e gli interessi dei lavoratori e compromette la leale e sana competizione tra imprese, oltre, come noto, a imporre sovente condizioni lavorative vessatorie e lesive della salute e della dignità umana.