Viterbo – Aumentano i seguaci di Viganò che continua a dire messa nell’eremo della Palanzana e cerca finanziatori

VITERBO – Monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio Usa, scomunicato per il delitto di scisma, dal suo eremo della Palanzana, continua a dire messa nonostante il divieto conseguente alla scomunica risalente a due mesi fa.

“Come ogni primo venerdì del mese, – annuncia su X lui stesso – anche oggi celebrerò la Santa Messa secondo le intenzioni degli amici e dei benefattori della Fondazione Exsurge Domine”.

“In questa fase di grande crisi e di attacco frontale alla Chiesa Cattolica, – prosegue – rifugiamoci fiduciosi nel Sacratissimo Cuore di Gesù, perché in questa mistica fornace di carità possiamo imparare ad amare Dio sopra ogni cosa e il nostro prossimo per amor Suo”.

A giugno Viganò aveva ricevuto la convocazione dalla magistratura della Santa Sede che lo aveva escluso dalla Chiesa cattolica per “il suo rifiuto di riconoscere e sottomettersi al sommo pontefice”, afferma il Dicastero per la Dottrina della Fede in un comunicato.

Lo scorso 21 giugno lo stesso Viganò aveva divulgato il decreto che lo convocava a Roma per rispondere delle accuse, dandogli la possibilità fino al 28 giugno di nominare un avvocato difensore che lo rappresentasse o facendo pervenire una memoria difensiva. Non essendo avvenuto e non essendosi neanche presentato, gli è stato attribuito un difensore d’ufficio che ha svolto secondo le norme del diritto la difesa di Viganò.

La Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dal cardinale argentino Victor Manuel Fernandez, si è riunita il 4 luglio per deliberare il procedimento penale canonico contro di lui, nonostante la sua assenza. E infine lo ha giudicato “colpevole” del reato di “scisma”, promulgando la sua scomunica e comunicandola all’interessato.

“Allo scomunicato è proibito celebrare la messa e gli altri sacramenti; di ricevere i sacramenti; di amministrare i sacramentali e di celebrare le altre cerimonie di culto liturgico; di avere alcuna parte attiva nelle celebrazioni appena citate; di esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici; di porre atti di governo. Il senso della scomunica – avevano sottolineato i media vaticani- è comunque quello di essere una pena medicinale che invita al ravvedimento, quindi si resta sempre in attesa di un ritorno della persona alla comunione”.