ROMA – Sul lungomare di Ostia, prima di raggiungere la sabbia e l’acqua, molti turisti si fermano in numerose strutture che offrono una varietà di servizi per il relax e il benessere: piscine, palestre, boutique, ristoranti, bar e negozi.
Questi centri commerciali sulla spiaggia romana sono solo un esempio delle strutture non amovibili che i concessionari balneari italiani rischiano di perdere alla scadenza delle loro concessioni, senza ottenere indennizzi.
Per decenni, il rinnovo delle licenze, spesso concesso come una formalità, ha incentivato investimenti significativi, a volte sfociati in casi di “gigantismo edilizio”. Oggi, la direttiva Bolkestein, che impone la concorrenza anche sulle coste in concessione, è al centro di un acceso dibattito tra governo italiano e Unione Europea. Oltre a questo, i balneari sono preoccupati per la questione dei rimborsi per le strutture inamovibili. In diverse regioni italiane, il via libera alle gare per le concessioni è già stato dato, e i concessionari uscenti chiedono almeno un indennizzo per gli investimenti realizzati nel corso degli anni.
Una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea dell’11 luglio scorso ha stabilito che l’articolo 49 del Codice della navigazione, che permette allo Stato di acquisire le strutture inamovibili alla scadenza della concessione senza alcun risarcimento, non viola la libertà di stabilimento. Questo significa che ogni struttura presente sulla spiaggia sarà persa senza alcun compenso per l’impresa uscente.
Preoccupati dalla sentenza, i balneari si sono mobilitati. Le associazioni di categoria, tra cui Fipe Confcommercio e Fiba Confesercenti, hanno indetto uno sciopero per il 9 agosto, durante il quale gli ombrelloni resteranno chiusi, e hanno chiesto al governo una “risoluzione della gravissima situazione che sta vivendo il settore”. Assobalneari Confindustria e La Base Balneare, in particolare, richiedono che non si ricorra alle gare o, dove i bandi sono già aperti, che siano garantiti indennizzi per gli “importanti investimenti realizzati negli anni”.
Questi investimenti comprendono, oltre a ombrelloni e sdraio, vere e proprie case, ristoranti, piscine e bar. Sul lungomare laziale si potrebbe parlare di un piccolo boom edilizio, con strutture in cemento armato solidamente ancorate al terreno, al punto da aver oscurato la vista del mare, tanto da far ribattezzare il lungomare “lungomuro”.
Questo fenomeno non è limitato a Ostia. A Mondello, Palermo, una lunga fila di cabine in muratura si affaccia direttamente sull’acqua. Tra Toscana e Liguria, decine di stabilimenti ospitano immobili talvolta concessi in affitto ai clienti, con gravi conseguenze per l’ambiente, come l’erosione del litorale. In Emilia-Romagna, gli insediamenti sono storicamente più leggeri, e la Regione ha previsto un riconoscimento del valore aziendale all’impresa uscente per le prossime gare, anche se non si tratta di indennizzi.
Il governo italiano ha predisposto un disegno di legge per rimborsare almeno parte degli investimenti milionari dei circa 7.000 stabilimenti italiani, presentato da mesi ma in attesa di un via libera del MEF. Riccardo Zucconi, deputato di Fratelli d’Italia, ha spiegato che non si propone un’abrogazione totale dell’articolo 49 del Codice della navigazione, ma di mantenerlo solo nel caso di fine definitiva della concessione e non quando viene riassegnata tramite gara. Questo permetterebbe indennizzi per i concessionari uscenti, che da generazioni hanno investito basandosi sul legittimo affidamento delle concessioni.
La questione dell’applicabilità della direttiva Bolkestein sembra, per ora, in secondo piano, ma secondo Zucconi, per risolvere la vicenda serve un via libera politico in Europa. Se il governo italiano riuscirà a ottenere un commissario europeo che affronti la problematica in modo meno avverso, il problema potrebbe essere risolto.