Inchiesta CONSIP – Il senatore leghista Roberto Calderoli: “Sento puzza di servizi segreti. Vogliono affossare le indagini minando la credibilità degli investigatori e della magistratura”
Giorgio Gandola per “la Verità”
C’è sempre un momento in cui, come la rucola o la cravatta a righe, torna di moda Giulio Andreotti. È il momento dei dubbi, delle opacità, delle tre carte sul tavolino, quando la realtà viene capovolta da un colpo di teatro che provoca un sospiro di sollievo nel governo e trova miracolosamente l’applauso del Giornalista collettivo. Allora una porticina della mente scricchiola ed entra il fantasma di Andreotti.
Un senatore in tutti i sensi, anche se non fosse vicepresidente del Senato per la terza volta. E a indurlo ad evocare quel motto è lo scandalo Consip, o meglio la sterzata dell’intercettazione fasulla, della trascrizione sbagliata e dell’ urgenza di oscurare tutto». In una nota, ieri mattina, ha parlato apertamente di sospetti su un ruolo da parte dei servizi segreti. «C’è un’ aria che non mi piace, mi ricorda una vecchia storia politico-giudiziaria. E le lepri finte usate per disorientare i cani».
Presidente Calderoli, mentre i renziani stanno danzando, perché lei appare così sospettoso?
«Guardi, gli ultimi sviluppi del caso Consip sono strani. Una vicenda che aveva portato a premature condanne mediatiche viene azzerata perché si scopre che una prova è falsa, quindi si arriva in quattro e quattr’ otto ad altrettanto premature assoluzioni, sempre mediatiche. A me viene da pensare male, anzi a pensare a un vecchio caso di cui mi ero occupato, Telekom Serbia».
Vicenda ingarbugliata, cominciata con dei sacchi di iuta è finita con degli imbarazzi. Che analogie ci sarebbero?
«Mi segua. Era il presunto scandalo sulla presunta tangente per l’acquisto di Telekom Serbia scoppiato durante il governo Prodi a fine anni ’90. L’inchiesta puntava ad aprire armadi zeppi di scheletri e faceva tremare la sinistra, fino a quando un giorno nella Commissione parlamentare di cui facevo parte fece la sua comparsa il teste che avrebbe dovuto fornire le prove decisive, il sedicente conte Igor Marini, soprannominato conte Max. E tutto finì in vacca».
Questo perché Marini era inattendibile.
«Le sparò così grosse da far crollare tutto il teorema accusatorio. Accusò Romano Prodi, Piero Fassino e Lamberto Dini, definiti Mortadella, Cicogna e Ranocchio. Si figuri. E lo fece in maniera così sprovveduta, pasticciata, imprecisa da trasformare Telekom Serbia in carta straccia con tanto di scuse alla sinistra accusata. Nel caso Consip avverto qualcosa di simile. Sensazioni, ma non sono nato ieri: stesso copione, stessi attori, anche qui registi occulti. Si parla di servizi. E un errore che dovrebbe, nell’intenzione di qualcuno, togliere credibilità al tutto».
Non crede all’ errore o alla cattiva fede di Giampaolo Scafarto, l’ufficiale dei carabinieri del Noe?
«Un errore fa parte della fallibilità umana. Niente da dire. Ma è strano che partendo da questo errore si voglia smontare ogni possibile accusa con una fretta degna di miglior causa. Le prove che prima inchiodavano, adesso scagionano. Modalità e tempistica mi risultano sospette: è come se fossero uscite dalle tane tante lepri finte per disorientare i cani che stanno cercando la pista. Con Telekom Serbia la strategia funzionò benissimo. C’era una Commissione parlamentare che poteva far emergere errori, o peggio responsabilità, ma con l’entrata in scena di Marini tutto perse credibilità. Ci si occupò delle sue boutade e non della ciccia. Ecco come demolire un castello accusatorio».
L’ex premier, il padre Tiziano e l’entourage brindano troppo presto?
«Se brindano buon per loro. Ripeto, l’errore di trascrizione è plausibile. Lo è meno dimenticarsi di scrivere che chi fotografava le targhe era un residente nel quartiere e non uomini dei servizi. La faccenda puzza di bruciato. Da una parte ha forti riflessi politici, dall’altra potrebbe anche esserci uno scontro interno fra poteri dello Stato. Certo è che in questa fase sono comparse molte lepri col motorino che confondono le idee a chi indaga».
Il Nucleo operativo dei carabinieri è un fiore all’ occhiello dell’Arma. Secondo lei cosa è accaduto?
«Ce lo riveleranno le inchieste. Certo è singolare che mentre la procura di Roma toglie al Noe l’inchiesta per manipolazione, quella di Napoli ribadisce tutta la sua fiducia. Qui non si tratta di fare il tifo per il Milan o per l’Inter, ma di stabilire dei punti fermi e delle strategie investigative».
Presidente Calderoli, sta dicendo che potrebbe esserci un conflitto fra procure?
«La vicenda è ingarbugliata, le condanne e le assoluzioni premature sono sempre sbagliate. In tutto questo ho una certezza: lo scandalo Consip non finirà come Telekom Serbia. Perché ritengo il procuratore Giuseppe Pignatone un professionista di prim’ ordine, solido e sereno. E perché ho conosciuto il pm Paolo Ielo e lo considero, come il suo collega Mario Palazzi, preparato e tenace. Ho fiducia. Nessuno di loro si fermerà davanti a queste prove risultate false. Persone del genere sono certamente in grado di capire quante lepri vere stanno correndo nella radura. E quante di latta”.