Affitti brevi, nella Tuscia in regola solo il 15% delle strutture ricettive

VITERBO – Affitti brevi da regolamentare, Tuscia con il freno a mano tirato. A confermare il passo lento con cui B&b e case vacanza viterbesi si stanno muovendo per mettersi in linea con le nuove norme che prevedono il Codice identificativo nazionale (Cin), sono i numeri pubblicati nella Banca dati delle strutture ricettive (Bdsr) del ministero del Turismo.

Un grande database che individua circa due terzi delle locazioni turistiche in Italia non ancora in regola e in grado di eludere le tasse.

Operativa ufficialmente dallo scorso 3 settembre, dopo la prima fase di sperimentazione, partita a inizio giugno e preceduta da un massiccio scambio dati tra le regioni, la banca unica nazionale ha snocciolato i primi numeri, svelando che alla prima scadenza, quella data dal ministero per il 1° settembre, due terzi delle locazioni turistiche in Italia non sono ancora in regola. E indietro c’è anche la Tuscia.

I dati del Bdsr dicono infatti che su 1.291 strutture registrate tra Viterbo e provincia, solo 195 (il 15,10%) sono oggi provviste del Cin: l’obbligatorio codice numerico che deve essere, con la nuova normativa, affisso fuori a tutte le strutture turistico-ricettive. Pochi però i codici univoci apparsi a Viterbo, che nel Lazio è dietro a Roma (20,41%), ma davanti a Latina (11,88%), Rieti (14,05%) e Frosinone (11,62%), nonostante una lunga prima fase di sperimentazione. Un passo lento che ora farà scattare una vera corsa contro il tempo per mettersi in regola.

Il ministero ha concesso un’ulteriore proroga che oscilla tra i 60 e i 120 giorni (periodo questo riservato a chi è già provvisto del Codice Identificativo regionale), prima di far scattare le ammende, che vanno da un minimo di 500 euro a un massimo di 10 mila. Una corsa che comprenderà la Tuscia ma, in generale, anche buona parte delle tante strutture censite e sparse in tutto lo Stivale. I dati prodotti dal cervellone sono eloquenti: su 477 mila locazioni registrate nel grande museo a cielo aperto che è l’Italia, solo 95.833 (il 20,08%), ha affisso il Codice identificativo nazionale.

Nessuna delle regioni italiane è capace di coprire, in termine di codice Cin, almeno un terzo delle strutture registrate sul proprio territorio. Le più avanti, al momento, sono Lombardia (28,86%), Calabria (25,52%), Puglia (24,94%), Sicilia (23,94%) e Sardegna (21,81%). Più staccate seguono Lazio (19,38%), Emilia Romagna (18,84%), Toscana (18%), Piemonte (16,36%) e Campania (13,46%). Maglia nera per il Friuli Venezia Giulia, fermo al 4%. Ma cosa cambia realmente con la nuova normativa in merito agli affitti brevi? Oltre ad avere una mappatura delle strutture ricettive, che permetterà al ministero di avere un controllo sui numeri in tempo reale e poter procedere con le sanzioni in tempi rapidi, il nuovo decreto impone nuovi paletti ai locatori, chiamati a rispettare oggi in maniera molto rigida le prescrizioni in materia di sicurezza degli impianti.