Regione Lazio – Il vergognoso sistema dei rifiuti, potere e speculazioni fermano la “rivoluzione” chiesta da Rocca

Due sentenze del Consiglio di Stato non sono sufficienti a far cambiare rotta alla politica di monopolio di questo “ambiente”

ROMA – Siamo davanti all’ennesima farsa italiana. Il settore dei rifiuti, che dovrebbe essere gestito con trasparenza e competenza, si conferma come un pantano di interessi e incompetenza istituzionale.

Il recente controllo dei carabinieri del NOE presso il deposito di rifiuti gestito dalla FRZ di Formia, diretto da Raffaele Rizzo, è solo l’ultimo tassello di un mosaico disgustoso che vede coinvolti politici, affaristi e lobby. Si trattava di un’operazione di routine, niente di più. Ma l’isteria mediatica che ne è seguita fa riflettere: qual è il vero gioco dietro a queste “visite”?

La caccia alle streghe contro chi denuncia il malaffare

Raffaele Rizzo, da tempo impegnato a denunciare il marciume del sistema dei rifiuti, è diventato un nemico pubblico, perseguitato per il suo impegno nel combattere un sistema di illegalità che gode di incredibili protezioni. Cosa assai curiosa, la visita dei carabinieri del nucleo operativo ecologico è avvenuta mentre Raffale Rizzo era impegnato a riceve un premio di riconoscimento insieme alla città di Formia.

Formia si è confermata tra i migliori comuni italiani nella raccolta degli oli alimentari esausti. Il Consorzio RenOils (Consorzio nazionale per la raccolta e il recupero di oli e grassi vegetali e animali esausti), diretto da Salvatore Suriano, ha premiato l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Gianluca Taddeo. All’evento ha partecipato anche l’assessore con delega alla FRZFabio Papa, insieme a Formia Rifiuti Zero, rappresentata dall’amministratore unico Raffaele Rizzo. Il premio è stato assegnato per gli ottimi risultati raggiunti nel 2023 e 2024, con 8.690 kg di olio esausto recuperato, a testimonianza dell’impegno costante nella raccolta di questo rifiuto altamente inquinante e del suo corretto riciclo in biodiesel.

Il lavoro, se fatto bene, non paga. Almeno nell’ambito dei rifiuti ma Rizzo non è il primo né sarà l’ultimo manager che si occupa di rifiuti ad essere colpito.

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Il caso di Fabio Altissimi, imprenditore di Aprilia che ha subito ritorsioni di ogni genere per essersi opposto al potere corrotto, è infatti emblematico. Due sindaci, prima Antonio Terra e poi Lanfranco Principi, si sono ritrovati fuori dalla scena politica, fermati dai magistrati. Ma Altissimi ha pagato un prezzo caro: cercare di essere onesti in questo Paese significa diventare il bersaglio dei “colletti bianchi” che comandano dietro le quinte. L’atteggiamento dell’amministrazione sciolta perché con chiare infiltrazioni mafiose ha finito con influenzare i vertici regionali che bocciano, sistematicamente, le iniziative dell’imprenditore pontino.

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Il Consiglio di Stato rileva le illegalità: nessuna sorpresa

Se si pensa che il Consiglio di Stato abbia posto un freno a tutto questo, ci si illude. Due sentenze recenti, riguardanti la CSA di Castelforte e la Ambiente Guidonia, stabiliscono chiaramente che queste aziende non possono ricevere rifiuti non trattati. Sono fuorilegge. Non lo sono da oggi, ma da sempre. Eppure, nulla cambia. Queste sentenze, come spesso accade, sono ignorate dai media e dalle istituzioni. Cosa si cela dietro tutto questo? Un sistema lobbistico che, da sempre, ha avuto un dominus assoluto, un potere supremo che governa nell’ombra, mantenendo in piedi un sistema illegale e corrotto.

Lazio e Roma: il disastro annunciato

In mezzo a questo caos, due grandi entità si contendono la scena: la Regione Lazio e il Comune di Roma, con le sue partecipate. Entrambe le istituzioni, lungi dall’affrontare il problema con serietà, si sono dimostrate incapaci di gestire il settore. La gestione dei rifiuti genera fatturati astronomici, secondi solo a quelli della droga e dell’immigrazione. È un business così grande da attrarre i peggiori appetiti. E chi paga tutto questo? Sempre i cittadini.

Prendiamo ad esempio la giunta Gualtieri. Si è fatta vanto di progetti faraonici e investimenti miliardari (termovalorizzatore). Di questi, un miliardo è stato regalato a Hera, società emiliana nota per le sue affiliazioni politiche. Un altro miliardo è finito nelle tasche di ACEA per la costruzione di un termovalorizzatore in grado di bruciare 600.000 tonnellate di rifiuti prodotti dalla Capitale. Ad oggi, l’unica certezza è che Gualtieri spende 100 euro in più per ogni tonnellata di rifiuti spediti nelle aziende italiane legate a Hera. Come mai colossi come A2A o Iren non si affacciano sul mercato laziale? Le solite malelingue parlano di accordi politici: non si può disturbare il manovratore, il PD perderebbe troppo.

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ACEA e il monopolio: la nuova vecchia storia

Nel frattempo, ACEA, vecchio “avvoltoio” del settore, si espande famelica, cercando di prendersi un mercato da sempre dominato da Manlio Cerroni. Il risultato? Lo stesso disastro che abbiamo visto per anni. Zingaretti, in dieci anni alla guida della Regione Lazio, ha fatto terra bruciata: non ha solo chiuso ospedali, ma ha anche distrutto il sistema di gestione dei rifiuti. I costi sono saliti alle stelle, da 50 euro a 150 euro a tonnellata. Il suo successore, Rocca, non ha vita facile ma soprattutto non ha il controllo del processo. I suoi “esperti” hanno approvato un lotto di un milione di metri cubi alla Ecologia Viterbo, premiando chi ha gestito il monopolio negli ultimi sessant’anni. E la tariffa? Aumentata da 75 a 135 euro. La tassa sui rifiuti (TARI) rischia di raddoppiare, se non triplicare, per i cittadini laziali.

Non solo. Sempre Rocca va predicando da mesi che ogni provincia del Lazio debba diventare autonoma nella gestione dei rifiuti. Un ciclo completo. Peccato però che non venga ascoltato e il motivo è molto semplice perché alla guida amministrativa di questi settori sono rimasti tutti (uomini e donne) dirigenti di esclusiva fiducia del Partito democratico ad iniziare da Vito Consoli (che fortunatamente a breve andrà in pensione) e Wanda D’Ercole oggi direttore dell’aria rifiuti e pianificazione. Poi c’è anche una figura poco “trattata” come Ferdinando Leone, nipote del ben più conosciuto (soprattutto per note vicende giudiziarie in ambito rifiuti) Raniero de Filippis. Entrambi sono di Fondi in provincia di Latina e quindi paesani, ma questa è solo l’ennesima coincidenza, del presidente della commissione ambiente al senato Claudio Fazzone che in quella zona, dal punto di vista politico, è un invincibile.

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Il futuro è nelle mani del solito sistema?

E ora? Cosa possiamo aspettarci? Nulla di buono. Il senatore Claudio Fazzone, presidente della Commissione Ambiente al Senato, potrebbe ottenere l’assessorato ai rifiuti proprio in regione Lazio dove è tutt’ora in corso un lungo braccio di ferro con Forza Italia, partito da lui diretto. Un altro politico che non ha alcuna intenzione di rompere il ciclo in corto circuito, ma solo di sfruttarlo. Rocca non ha fatto nulla di concreto, salvo parlare di salvaguardare la discarica di Viterbo diventata la pattumiera di Roma e non solo.  Il futuro dei rifiuti nel Lazio sembra segnato: la solita commedia degli errori, dove cambiano i nomi, ma il marciume resta intatto.

Rocca se vuole veramente dare una svolta e provare non solo a cercare di risolvere il problema deve cambiare i dirigenti che fanno solo finta di ascoltare quel che dice.

Tutto questo, ovviamente, con l’artefice di questo disastro che siede comodamente alla Camera dei Deputati immune da tutto. Parliamo ovviamente di Nicola Zingaretti che, improvvisamente, è diventato un illuminato in grado di risolvere i problemi a tutti gli italiani.

Il sistema dei rifiuti è marcio fino al midollo, e chiunque cerchi di cambiarlo finisce schiacciato o costretto al silenzio. I grandi affari si fanno nell’ombra, con l’acquiescenza di politici che, invece di difendere l’interesse pubblico, si inchinano ai padroni del denaro e del potere. I cittadini continuano a pagare, sia economicamente che in termini di salute e degrado ambientale. La verità è semplice: finché le istituzioni saranno governate da questi giochi di potere, nulla cambierà. Ma una cosa è certa: siamo stanchi di questa pantomima, e non ci accontenteremo di restare in silenzio.