Cast stellare con protagonisti anche attori italiani come Sergio Castellitto e Isabella Rossellini
Sei nomination ai Golden Globes, undici ai Critics Choice Awards. Conclave è già sulla buona strada che conduce alla notte degli Oscar. Diretto da Edward Berger e interpretato da un cast stellare, Ralph Fiennes, Isabella Rossellini, Stanley Tucci, Sergio Castellitto, John Lithgow, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris e uscirà in Italia il 19 dicembre.
«È un vero e proprio thriller politico», dice Ralph Fiennes che interpreta il protagonista, il decano britannico Thomas Lawrence che ha il delicato compito, non solo di garantire la correttezza degli scrutini, ma anche di contenere gli intrighi, le lotte di potere e le ambizioni dei papabili.
«Solo che i protagonisti non sono personaggi politici. Nel libro il mio decano è italiano. Si chiama Jacopo Lomeli ed è una specie di indiretto investigatore delle cose che succedono in quella occasione. La finalità della sua indagine è individuare chi è degno di diventare Papa», aggiunge. La critica americana è entusiasta e il film ha lo spessore del precedente film di Berger, quel Niente di nuovo sul fronte occidentale che lo scorso anno vinse quattro Oscar fra cui quello per il miglior film in lingua straniera.
«Quando ho letto il copione di Peter Straughan uno dei miei sceneggiatori preferiti – dice il regista – sapevo che avrei voluto girare quel film e avrei dovuto farlo proprio a Roma. Quella città è fonte di ispirazione, la gente che passeggia per le sue strade ti dà la direzione. A Roma, quando ti svegli la mattina e guardi fuori dalla finestra sorseggiando il caffè vedi una coppia di suore che passeggiano e ridono. Vedi preti che camminano a passo svelto e a un certo punto realizzi: sono esseri come noi che stanno andando a lavorare. Tutto ciò li rende molto umani e quella sensazione, quell’umanizzazione dei religiosi è ciò che ho cercato di riproporre nel film. Perché questo era il mio obbiettivo: descrivere esseri umani con i loro segreti, problemi e debolezze. Volevo entrare sotto la pelle di un’organizzazione che da fuori sembra inviolabile».
Isabella Rossellini è la suora a capo di Casa Santa Marta, il complesso alberghiero dove ora vive Papa Francesco e dove in occasione di ogni Conclave alloggiano i cardinali elettori. Sorella Agnes non parla quasi mai, ma quando lo fa consegna al pubblico una prova attoriale incredibile, con una potenza tale da riuscire a ottenere le candidature ai Globes e ai Critics Choice Awards come migliore attrice non protagonista. «Mi sono sentita – dice l’attrice – come in un film muto. La Chiesa cattolica è una società molto patriarcale, in cui le donne hanno un ruolo preciso, con dell’autorità, ma non dominante come gli uomini. Le suore, in un’occasione come il Conclave parlano davvero poco. Si occupano dell’organizzazione logistica, della preparazione del cibo. Così, quando alla fine il mio personaggio esprime ciò che ha da dire, il risultato è quello di una bomba che esplode».
Cresciuta a Roma, la figlia di Roberto Rossellini e Ingrid Bergman conosce quel mondo: «Ho studiato in una scuola di suore e su di me esercitavano un’autorità che spesso superava quella delle madri. Magari non della mia, che era una forza della natura, ma delle madri dei miei compagni sì. Ho usato la mia esperienza da ragazza per portare in vita il mio personaggio».
Fiennes, anche lui candidato a tutti i premi che precedono gli Oscar come migliore attore protagonista, spiega che la forza del film consiste proprio nel mostrare il lato umano di persone che dovrebbero aspirare alla santità. «Sono comunque uomini, con i loro difetti, le ambizioni e i dubbi. Non sono santi, fanno errori, è nella natura umana.
Non sapevo molto del Conclave prima di girare questo film. Ho dovuto fare molte ricerche sui rituali, specialmente sulla procedura di voto. Ho parlato molto con preti ed esperti religiosi». La parola «conclave» deriva dal latino cum clave, cioè «con la chiave», o «sottochiave»: un manipolo di cardinali si rinchiude fuori dal mondo per eleggere il nuovo Papa. «Abbiamo cercato – conclude Berger – luoghi, angolazioni, luci che catturino questo senso di claustrofobia. Come fosse una prigione silenziosa, dove senti soltanto il rumore delle luci al neon. Un mondo che non ti aspetti dal fasto della Chiesa cattolica».