Lo strumento più diffuso nei tribunali per negare valore alle denunce di violenza delle donne
ROMA – “Per il 2025 abbiamo deciso di avviare una campagna di sensibilizzazione contro l’uso della Pas in Italia quale strumento di occultamento della violenza su donne e minori, per difendere le donne dalla vittimizzazione secondaria operante nei tribunali civili. Nei prossimi mesi lanceremo una serie di eventi coinvolgendo sia le istituzioni sia le associazioni non governative per ottenere l’applicazione del divieto nei tribunali di utilizzare la Pas e il trattamento forzoso di riavvicinamento dei minori ad un genitore rifiutato nei casi di affido di figli minori, quando le donne denunciano la violenza dei partner”.
Così le esperte del centro studi e ricerche Protocollo Napoli – le psicologhe Caterina Arcidiacono, Antonella Bozzaotra, Gabriella Ferrari Bravo, Elvira Reale, Ester Ricciardelli – oggi in occasione della conferenza stampa, nella sede dell’agenzia di stampa Dire, in cui è stata presentata la campagna contro l’uso della Pas (Parental Alienation Syndrome) l’alienazione parentale, promossa proprio da Protocollo Napoli e che ha ricevuto l’endorsement di Reem Alsalem, rapporteur speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne.
Le esperte, insieme a un gruppo di studiosi e studiose a livello nazionale, hanno lanciato in Italia la campagna anti Pas, contro l’uso del costrutto dell’alienazione parentale, che da tutto il mondo occidentale viene considerato lo strumento più diffuso nei tribunali per negare valore alle denunce di violenza delle donne, accusate a loro volta di voler allontanare i bambini dai padri.
Il comitato promotore della campagna, senza mezzi termini, individua nei costrutti Pas/Ap, ovunque inseriti nei procedimenti giudiziari, l’ostacolo principale alle politiche di contrasto alla violenza di genere contro le donne, i bambini e le bambine.
L’appuntamento è stato aperto dall’introduzione di Caterina Arcidiacono, componente del comitato tecnico-scientifico di Protocollo Napoli, e di Elvira Reale, consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio. I lavori, moderati dalla giornalista dell’agenzia Dire Silvia Mari, sono proseguiti con gli interventi di Elisa Ercoli, presidente associazione Differenza Donna, Simona Lanzoni, vicepresidente Pangea, già vicepresidente GREVIO, e Vittoria Tola, responsabile Udi nazionale. Le conclusioni sono state affidate a Valeria Valente, senatrice Pd, commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio.
“Nella riforma del processo civile – sottolinea Valente– abbiamo inserito per la prima volta un’affermazione molto rigorosa e cioè che nei tribunali non possono vivere né essere utilizzate, da giudici o consulenti tecnici, teorie che non sono riconosciute dalla comunità scientifica internazionale. Questo vale per la Pas. Lo abbiamo scritto, è nero su bianco nel codice di procedura civile. E noi come commissione parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio, con un gruppo all’interno della Commissione coordinato da me e che vede anche la collaborazione di alcune componenti di protocollo Napoli che ringrazio vivamente per questo tipo di campagna, stiamo verificando che questa norma viva effettivamente così per come è stata pensata nei tribunali, che sia applicata correttamente e che non si trovino in qualche modo formule che fanno rientrare dalla finestra quello che noi abbiamo fatto uscire dalla porta”.
In molti casi, nei tribunali italiani, se un bambino rifiuta il padre la responsabilità viene automaticamente attribuita alla madre, condizionante e disfunzionale, senza valutare una delle evenienze più diffuse: la presenza di violenza domestica e la conseguente violenza assistita da parte dei figli. Sarebbe stato doveroso che tutti i tribunali avessero respinto costruzioni pregiudiziali contro le donne, di stampo misogino, impedendo l’utilizzo di una teoria ascientifica. Ma ciò non è accaduto. Da una teoria ascientifica discende oggi l’orientamento a forzare la volontà dei bambini allontanandoli ex abrupto dal genitore con cui vogliono vivere per riavvicinarli all’altro genitore.