Queste mani, fra poco serviranno, almeno qui.
Servono per una settimana, ahimè, solo una settimana.
Perchè questo è, e a Viterbo questo succede.
Inutile sostenere il contrario e inutile anche fare gli offesi.
In questa città, per un anno, siamo tutti sconosciuti e quelli che conosciamo sono nemici, cavalcano interessi altrui, sembrano e si atteggiano tutti come amanti traditi.
Poi arrivano queste mani.
Ricompongono una meraviglia, ricompattano, stuccano attriti, placano tempeste. Rispolverano radici, aggregano famiglie, compongono progetti.
Servono.
Per il carnevale delle anime, quelle perse prima e ritrovate poi.
Perché noi qui non ci siamo mai anche se ci abitiamo, passiamo e basta.
Ormai Viterbo questo è.
Una marchetta per qualcuno.
Perché se ci ritrovassimo ogni giorno, invece che per una sola settimana, se fossimo tutti insieme, uniti per noi stessi e per i nostri figli, in questa città non avremmo bisogno di una festa per ritrovarci, non cammineremmo su una pattumiera, non avremmo miserabili che ci mentono ogni giorno.
Non avremmo bisogno di queste mani per ritrovarci.
Lo faremmo sempre.
E la festa, in quella settimana, sarebbe solo un modo per suggellare e per far capire che non passiamo e basta ma ci siamo, sempre.
Per dire chi siamo stati e cosa saremo.
Una città.
NdR: Purtroppo oggi la gente ha imparato a essere fredda, a toccare senza toccare, a guardare senza guardare, a sfiorare senza sfiorare.
Si vive di cliché: ”Ciao, come stai?” ma nessuno vuole dire niente dicendolo, queste parole servono solo a evitare l’incontro autentico tra due persone.
La gente non si guarda negli occhi, non si tiene per mano, non cerca di sentire l’energia dell’altro.
Tira avanti in qualche modo, piena di paura, fredda e smorta, dentro una camicia di forza…
Se ti sei visto a fondo, acquisti la capacità di vedere a fondo anche gli altri…