Con un protocollo d’intesa travestito da resa, il sindaco di Tarquinia firma la capitolazione di Sant’Agostino in favore di Civitavecchia, dimostrando tutta la sua inadeguatezza politica e trasformando una spiaggia in un bottino di guerra amministrativa. Come se Rimini e Riccione si scambiassero la gestione dei Bagni (che in romagna sono gli stabilimenti balneari) e organizzassero concerti ora per l’uno ora per l’altro
TARQUINIA – C’è modo e modo di firmare un protocollo d’intesa. E poi c’è il modo di Francesco Sposetti, sindaco di Tarquinia, che è riuscito nell’impresa storica di trasformare una conferenza stampa in un’udienza di resa. Di fronte alla stampa non ha parlato: ha balbettato. Non ha firmato: ha ceduto. Non ha stretto un accordo: ha capitolato.
Il parallelo con l’armistizio dell’8 settembre 1943 non è solo calzante, è quasi scolastico. Solo che al posto di Badoglio abbiamo il nostro sindaco agronomo, che invece di salvare l’onore della città etrusca, l’ha svenduta in trasferta – a Civitavecchia, in casa dei “vincitori”, come se Fiume fosse stata regalata con tanto di fiocco blu. E a proposito di blu: neanche un accenno al mare di Sant’Agostino, che ora sembra essere diventato un regalo estivo per i civitavecchiesi, una concessione graziosa fatta senza neanche consultare chi in quel territorio ci vive, ci lavora, ci cresce i figli.

Sposetti ha dichiarato candidamente – e con l’entusiasmo di uno che spiega perché non ha fatto i compiti – di non essere in grado di gestire una parte del territorio comunale.
Un sindaco che ammette di non saper amministrare il proprio Comune dovrebbe avere almeno il pudore di dimettersi, non la faccia tosta di candidarsi a presidente della DMO Borgo degli Etruschi. Ma del resto, se la politica è diventata un circolo ricreativo per professori e maestre “amiche della moglie”, cosa vogliamo aspettarci? Una visione strategica?

Mentre Piendibene – da vero Traiano imperatore – si prende Sant’Agostino con toni da campagna di conquista (“superiamo i contrasti del passato“, dice), il “nostro” Sposetti sorride felice, come se avesse ricevuto una medaglia invece di un’umiliazione. È riuscito a cedere un territorio della provincia di Viterbo a un altro Comune (quello di Roma) senza nemmeno accorgersi del significato simbolico, storico e amministrativo del gesto. È come se il sindaco di Firenze si svegliasse una mattina e decidesse di far gestire gli Uffizi da Bologna “perché tanto passano più turisti da lì”.

Ma il colpo di genio finale è stato l’annuncio della candidatura di Tarquinia a Capitale della Cultura 2028, lanciata con l’entusiasmo di chi presenta il piatto del giorno in una trattoria: mal cotta, senza gusto e totalmente fuori contesto. Se questa è la cultura politica che ci rappresenta, allora è giusto che i turisti ci passino sopra, ma senza fermarsi.
Insomma, mentre Piendibene rilancia, Sposetti si arrende. Mentre uno costruisce alleanze, l’altro svende territori. E mentre Civitavecchia avanza, Tarquinia si fa bella… il Lido attende con ansia l’arrivo del “sinnico” con i bermuda (cinesi) di Fantozziana memoria da lui sfoggiati con grande disinvoltura.