Il Collegio arbitrale ha rigettato la domanda milionaria dell’ex presidente ciociaro. Al centro della controversia: conti correnti, debiti pregressi e gestione post-cessione. L’avvocato della famiglia Camilli, Angelo Di Silvio, ha smontato tutte le accuse
VITERBO – Si chiude con una sonora vittoria della famiglia Camilli il lungo e complesso arbitrato che ha visto contrapposti i vecchi e nuovi proprietari della U.S. Viterbese 1908 S.r.l., società calcistica che negli anni ha rappresentato un punto fermo del panorama sportivo viterbese.
Il lodo emesso dal Collegio arbitrale ha respinto in toto le pretese avanzate da Tecnologia e Sicurezza S.p.A. e Federsicurezza Italia Servizi S.r.l., riconducibili all’ex presidente Marco Arturo Romano, sancendo l’infondatezza delle accuse rivolte a Vincenzo e Luciano Camilli, e ad Alessandro Paris.
A fare la differenza nel procedimento è stato il meticoloso lavoro dell’avvocato Angelo Di Silvio, legale della parte resistente, che ha costruito una difesa basata su fondamenti contrattuali solidi e supportata da una lettura rigorosa della documentazione contabile. La sentenza arbitrale ha infatti riconosciuto che non vi è stato alcun inadempimento da parte dei Camilli, confermando la piena legittimità della loro condotta.
Le richieste: oltre 800.000 euro per presunti inadempimenti
Romano, attraverso le due società da lui rappresentate, aveva chiesto la condanna di Vincenzo e Luciano Camilli e Alessandro Paris al pagamento di una somma complessiva di 803.512,21 euro. Alla base della richiesta: la presunta violazione di diverse clausole contrattuali contenute nel contratto preliminare di cessione delle quote societarie della Viterbese firmato il 29 giugno 2019 e integrato il 18 luglio dello stesso anno.
Secondo i ricorrenti, la parte cedente (i Camilli) si sarebbe resa gravemente inadempiente agli obblighi contrattuali, in particolare non estinguendo i conti correnti bancari intestati alla società sportiva entro il termine stabilito e continuando a movimentarli anche dopo la cessione delle quote. Questo, a loro dire, avrebbe causato uscite non autorizzate e indebite per un ammontare complessivo superiore a 300.000 euro, aggravando la situazione finanziaria della Viterbese.
Inoltre, le società di Romano contestavano ai Camilli di aver lasciato in eredità una serie di debiti non dichiarati, per un totale di oltre 250.000 euro. Tra questi figuravano debiti verso fornitori, ex calciatori, agenzie fiscali e perfino nei confronti dell’Aeronautica Militare, per una convenzione legata all’utilizzo delle strutture sportive.
A sostegno delle loro richieste, i ricorrenti avevano invocato anche l’applicazione della penale contrattuale prevista all’articolo 12 del contratto preliminare, che raddoppiava gli importi dovuti in caso di inadempimenti. Da qui la pretesa di superare gli 800.000 euro di risarcimento.
La difesa: gestione Camilli regolare, anzi in attivo
La risposta della difesa è stata ferma e articolata. L’avvocato Angelo Di Silvio ha anzitutto eccepito l’infondatezza della giurisdizione arbitrale, rigettata però dal Collegio, che ha confermato la validità della clausola compromissoria contenuta nel preliminare.
Nel merito, il legale ha demolito l’intero impianto accusatorio, ricostruendo con precisione le clausole pattuite e mostrando come i Camilli avessero agito nel pieno rispetto degli obblighi contrattuali. Fondamentale è stata la consulenza tecnica contabile disposta dal Collegio arbitrale, che ha passato al vaglio le movimentazioni sui due conti correnti al centro della disputa.
Il risultato è stato chiaro: la gestione “Camilli” non solo non aveva creato buchi di bilancio, ma risultava addirittura “a credito” di oltre 6.500 euro rispetto al complesso delle movimentazioni. Al contrario, era la gestione subentrata – quella riconducibile a Romano – ad aver generato un disavanzo contabile.
Lodo netto: nessun debito, nessuna penale, nessun risarcimento
Il Collegio arbitrale ha pertanto rigettato integralmente le richieste delle società ricorrenti, giudicando infondate le contestazioni relative alla gestione dei conti, all’esistenza dei debiti e all’applicabilità della penale. Il lodo ha inoltre riconosciuto che i contratti sottoscritti – preliminare, atto notarile e integrazione – stabilivano in modo chiaro la ripartizione delle responsabilità e degli effetti giuridici, e che i Camilli avevano adempiuto agli obblighi previsti.
La sentenza ha anche escluso la legittimazione attiva e passiva della società sportiva Viterbese nel contenzioso, riconoscendo che la causa doveva restare confinata tra le parti contraenti originarie.
Di Silvio: “Restituita la verità, vittoria della trasparenza”
“È una decisione che ristabilisce la verità e difende la correttezza della famiglia Camilli – ha dichiarato l’avvocato Angelo Di Silvio –. Abbiamo affrontato una causa lunga e complessa, che ha visto l’introduzione di numerose contestazioni, documenti e perfino una denuncia-querela per presunta frode processuale. Ma la realtà dei fatti e il diritto erano dalla nostra parte, ed è emersa con chiarezza.”

La decisione rappresenta un punto fermo per la famiglia Camilli, storicamente legata al destino della Viterbese e oggi definitivamente riabilitata da ogni sospetto di scorrettezza gestionale. Una vittoria legale importante che chiude una pagina lunga e difficile della storia recente del club viterbese.