Terzo capitolo di Dentro il Bicchiere
“C’è sempre un gatto nei luoghi dove si fa il gin. E se non lo vedi, è perché ti sta osservando.”
– Mr. Wilson, Alchimista Contemporaneo
C’è una leggenda che serpeggia fra le mura delle vecchie distillerie inglesi: quella di un gatto nero scolpito nel legno sopra un muro, da cui sgorgava – dopo il tintinnio di una moneta – un getto di gin. Quel gatto si chiamava Old Tom, e da lui ha preso nome uno degli stili più affascinanti e misteriosi della storia del gin.
Old Tom Gin è il ponte tra il genever olandese e il London Dry moderno. Nato nella seconda metà del XVIII secolo, era la risposta alla qualità grezza dei distillati dell’epoca. La distillazione, allora, era spesso artigianale ma anche approssimativa. Il risultato? Un gin duro, spigoloso, a volte tossico. La soluzione fu semplice e geniale: addolcirlo. E così nacque l’Old Tom, il gin gentile, reso morbido dallo zucchero e più rotondo nell’aroma.
Il suo nome, secondo una delle versioni più amate dai gin-addicted, proviene proprio da quei gatti scolpiti sulle pareti delle taverne londinesi. Bastava infilare una moneta in una fessura sotto il muso del gatto e attendere: da un tubo segreto, spuntava un piccolo getto di gin direttamente nella coppa. Era il gin clandestino, quello che sfuggiva alle leggi e ai dazi, servito con la complicità di un micio di legno e qualche sguardo furtivo.
Oggi, Old Tom è tornato. Non come reliquia storica, ma come stile riscoperto, apprezzato da barman e alchimisti contemporanei. Mr. Wilson lo definisce “il gin che sorride”. Non ha la rigidità del London Dry, né la morbidezza confettata di certi compound moderni. È un equilibrio antico, dove il ginepro ancora guida, ma lo fa con garbo, accompagnato da note agrumate, spezie leggere e una carezza zuccherina.
“Se il London Dry è grammatica, l’Old Tom è prosa. È il racconto sussurrato davanti al camino, il gin che sa di taverne, di Londra sotto la pioggia e di mani che lavorano nell’ombra.”
– Mr. Wilson
Nel laboratorio di REDIVIVO, l’Old Tom viene esplorato come si farebbe con un manoscritto ritrovato. Si parte da una base ricca, si ammorbidisce l’alcol con un accenno di dolcezza naturale – magari miele di castagno – e si lascia che le botaniche raccontino la loro storia, senza forzature.
È il gin delle ricette segrete, delle dosi non scritte, del profumo che si regola “a naso”. Eppure, quando lo assaggi, tutto è al suo posto. Un sipario che si apre lentamente, rivelando l’anima più umana del gin.
E allora, se una sera vi capita tra le mani una bottiglia di Old Tom, non chiedete di chi sia la ricetta. Bevete, e ascoltate. Potreste sentire il miagolio di un gatto in lontananza. Oppure la voce dell’alchimista, che vi dice:
“Dentro il bicchiere, c’è una storia. Sempre.”