Frosinone – Appalti dei rifiuti sotto inchiesta: nel mirino la Super Eco e la rete del “sistema Ciummo”

FROSINONE – Nel Lazio si allarga l’ombra di un sistema di appalti truccati, favori politici e legami con la criminalità organizzata. A portare alla luce nuovi elementi è stato un blitz congiunto di polizia e Guardia di Finanza, avvenuto pochi giorni fa negli uffici della Stazione Unica Appaltante (SUA) della Provincia di Frosinone.

Su mandato delle procure di Frosinone, Cassino e della Direzione Distrettuale Antimafia, gli investigatori hanno acquisito una grande mole di documenti relativi alle gare per la gestione dei rifiuti solidi urbani in vari comuni, tra cui spiccano Terracina, Cassino e altri centri del Cassinate e del Basso Lazio.

L’operazione, condotta con discrezione ma ben visibile ai dipendenti di Palazzo Jacobucci – sede dell’amministrazione provinciale – ha visto gli agenti del Commissariato di Cassino e i finanzieri del Gruppo della città martire lavorare per ore tra faldoni e server. Nessun indagato ufficiale, almeno per ora. Ma l’attenzione della magistratura si concentra su uno dei settori economicamente più sensibili del territorio: quello degli appalti per la raccolta e gestione dei rifiuti.

Secondo fonti investigative, l’acquisizione dei documenti rientrerebbe in un’indagine più ampia scaturita da una precedente inchiesta della DDA di Napoli, che lo scorso maggio ha portato alla richiesta di arresto per 18 persone, tra cui Carlo e Vittorio Ciummo, vertici della Super Eco srl, società cassinate attiva nella raccolta rifiuti in diverse regioni italiane. Le accuse sono gravi: concorso esterno in associazione mafiosa, con l’aggravante di aver agevolato il clan dei Casalesi e, in Sicilia, Cosa Nostra.

Fondata nel 2015, la Super Eco è cresciuta in maniera vertiginosa, aggiudicandosi appalti milionari da Frosinone a Latina, da Ventotene a Catania. In particolare, a Terracina la società ha vinto una gara da 93 milioni di euro, mentre a Frosinone ha ottenuto un appalto da oltre 39 milioni, con un ribasso del 17% ritenuto anomalo dagli inquirenti. Tutte gare gestite dalla Stazione Unica Appaltante della Provincia di Frosinone. A Ventotene, l’affidamento è stato diretto: sei mesi di servizio per 139mila euro. Apparentemente tutto regolare, ma la procura sospetta che dietro l’espansione della società si nasconda un meccanismo ben oliato fatto di intese con i clan, aggiustamenti dei bandi e eliminazione sistematica della concorrenza.

Nel dossier della DDA di Napoli emergono intercettazioni pesantissime. In una di queste, Nicola Ferraro – ex consigliere regionale e mediatore occulto – rassicura i Ciummo: “La gara è nostra. I Santapaola hanno benedetto l’accordo”. In un altro passaggio, viene raccontato un flusso regolare di denaro: 10mila euro al mese in contanti versati ai clan per garantire protezione e vittoria delle gare. Il sodalizio, secondo gli inquirenti, si estendeva dalla Campania alla Sicilia, con trattative condotte da Ferraro direttamente con Francesco Santapaola, nipote del boss Nitto.

La genealogia del “sistema Ciummo” affonda le sue radici nella Ego Eco, società fondata da Vittorio Ciummo e già al centro di scandali e condanne per frode e turbativa d’asta. Con la creazione della Super Eco, il gruppo familiare avrebbe proseguito, secondo la DDA, con gli stessi metodi: ribassi pilotati, assunzioni clientelari, accordi con referenti mafiosi e l’appoggio di politici locali. Tra gli indagati spunta anche il nome di Luigi Bosco, ex consigliere regionale, accusato di aver favorito le aziende di Ferraro in cambio di percentuali sugli appalti e assunzioni.

Proprio le gare di Terracina e Frosinone, oggi sotto la lente degli inquirenti, rappresentano il cuore dell’indagine. I sequestri di documenti eseguiti nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia a Frosinone non sono casuali: si cerca di ricostruire se e come le gare siano state costruite su misura per la Super Eco, escludendo di fatto altri concorrenti. Le intercettazioni parlano chiaro: “Hanno presentato offerte, ma era già tutto deciso”.

Il sospetto, ora, è che il sistema possa essere molto più esteso e ramificato di quanto inizialmente ipotizzato. L’inchiesta della DDA ha già coinvolto 34 persone, e potrebbe presto allargarsi a funzionari pubblici e altri amministratori. Intanto, i comuni coinvolti negli appalti gestiti dalla Super Eco valutano possibili revoche in autotutela e l’eventuale commissariamento dei servizi.

Dalla Ciociaria alle coste del Tirreno, dalle isole Pontine fino alla Sicilia, si delinea così il perimetro di una rete che, se confermata nelle sedi giudiziarie, dimostrerebbe un’infiltrazione profonda della criminalità organizzata nei servizi pubblici essenziali. In attesa di sviluppi, un interrogativo resta sul tavolo: quanti altri appalti sono stati truccati senza che nessuno se ne accorgesse?

Secondo alcune indiscrezioni investigative al vaglio ci sarebbero anche le posizioni di alcuni politici locali ma, al momento, non ci sono nomi iscritti sul registro degli indagati.