Valentano – Riprendono gli scavi al Lago di Mezzano: viaggio nel tempo tra le palafitte dell’Età del Bronzo

VALENTANO (VT) – Dopo quasi trent’anni di silenzio, il Lago di Mezzano torna al centro della ricerca archeologica italiana. In questi giorni sono infatti ripresi i lavori di rilievo, scavo e restauro nell’insediamento protostorico sommerso che giace da millenni sul fondo del piccolo bacino vulcanico, formatosi nella caldera di Latera, non lontano dal margine occidentale del lago di Bolsena.

Un paesaggio incantevole e apparentemente immobile nasconde dunque, sotto la superficie, una storia che risale a quasi quattromila anni fa: quella delle palafitte dell’Età del Bronzo, una delle testimonianze più significative della vita preistorica in Italia centrale.

Una scoperta che parte da lontano

L’insediamento venne individuato nell’inverno del 1971 dal geologo Lamberto Ferri Ricchi, che riconobbe per primo la natura straordinaria di quei pali che emergevano dai fondali. Nel 1973 fu avviata la prima campagna di scavi, seguita da un’attività più sistematica tra il 1983 e il 1996, condotta dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale.

Quelle ricerche restituirono un patrimonio ricchissimo di dati, oggetto di una vasta bibliografia scientifica. Poi, però, tutto si fermò. Per decenni il sito è rimasto silenzioso, fino a oggi, quando grazie a nuovi finanziamenti ottenuti dalla Soprintendenza tramite la Legge 190, gli archeologi sono potuti tornare in acqua.

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Le nuove tecnologie al servizio della memoria

La campagna 2025 porta con sé strumenti che gli studiosi del secolo scorso potevano solo immaginare. L’obiettivo di questa prima annualità è mappare l’intero fondale attraverso l’uso del Sub Bottom Profiler, un sistema che permette di “vedere” sotto i sedimenti e restituire un’immagine tridimensionale della stratigrafia sommersa.

A ciò seguirà il posizionamento preciso dei pali ancora affioranti e, successivamente, nuovi scavi mirati. Si tratta di un lavoro minuzioso e complesso, perché le condizioni ambientali non sono facili: la visibilità è ridotta a causa della sospensione dei sedimenti a ogni movimento, e la temperatura dell’acqua, a dispetto dei 30 gradi all’esterno, scende fino a 14 gradi nella zona dei resti archeologici. Per affrontare queste difficoltà vengono impiegati chiarificatori ad acqua, strumenti che aiutano a liberare il campo visivo dei sub.

Una squadra specializzata

La direzione scientifica delle ricerche è affidata alla dott.ssa Barbara Barbaro, funzionaria archeologa subacquea con una formazione specifica in protostoria. Con lei opera una squadra affiatata del Servizio di Archeologia Subacquea:

  • l’assistente tecnico Egidio Severi, che coordina rilievo topografico e fotogrammetria;
  • l’Ispettore Onorario incaricato della documentazione fotografica e video;
  • la dott.ssa Maria Bruno, che supporta nelle operazioni di scavo;
  • il dott. Dario D’Amico, anch’egli assistente nelle attività subacquee.

Una promessa di scoperte

Nonostante le difficoltà operative, l’entusiasmo è alto. I resti archeologici del Lago di Mezzano, infatti, hanno già dimostrato in passato una capacità straordinaria di conservazione: oggetti e strutture giunti fino a noi integri e in ottimo stato.

Ogni immersione è dunque una porta aperta su un mondo remoto, dove comunità di uomini e donne costruivano le loro palafitte sull’acqua, pescavano, coltivavano e intrecciavano relazioni con le altre genti dell’Italia protostorica.

Le ricerche appena avviate promettono di riscrivere nuove pagine della nostra conoscenza e di restituire voce a un passato che, pur sommerso, non ha mai smesso di pulsare sotto le acque silenziose del Lago di Mezzano.