Ci ha lasciato una dei simboli del grande schermo: da “I tre giorni del Condor” fino a “Captain America” tutte le generazioni hanno potuto godere del suo immenso talento
USA – Robert Redford è morto a 89 anni nella sua casa nello Utah. Con lui se ne va non solo un attore e regista premio Oscar, ma una vera e propria icona del cinema mondiale, capace di attraversare più di sei decenni di storia del grande schermo lasciando un segno indelebile.
Nato a Santa Monica nel 1936, si impose fin dagli anni Sessanta come uno degli interpreti più carismatici della sua generazione. Il successo arrivò con Butch Cassidy and the Sundance Kid del 1969, in coppia con Paul Newman, che lo consacrò al grande pubblico. Da allora interpretò titoli entrati nella memoria collettiva come La stangata, Tutti gli uomini del presidente, Il grande Gatsby e I tre giorni del Condor, film che contribuirono a definire l’immaginario di un’intera epoca. Non si limitò al ruolo di star hollywoodiana: nel 1980 debuttò alla regia con Ordinary People, vincendo l’Oscar per miglior film e miglior regia, e da allora si dedicò con continuità a raccontare storie intense e profonde, spesso legate al tessuto sociale e politico degli Stati Uniti. Forse la sua eredità più duratura resta però il Sundance Institute e il relativo Sundance Film Festival, fondati negli anni Ottanta e diventati il principale palcoscenico del cinema indipendente mondiale. Parallelamente, fu anche un instancabile attivista: difese l’ambiente, sostenne le comunità locali, prese posizione contro le guerre e per i diritti civili, incarnando un’idea di artista-intellettuale rara a Hollywood.
Secondo quanto riferito dai suoi cari, Redford si è spento serenamente. La sua morte segna la fine di un’era in cui il divismo si univa alla sostanza, alla capacità di raccontare storie e di credere che il cinema potesse davvero cambiare le cose. Con lui scompare una leggenda, ma restano i suoi film, capaci di emozionare ancora e di mantenere viva la sua voce limpida e potente.