Chi risponderà di questa ennesima bufala ricevuta in eredità da Zingaretti?
ROMA – La sceneggiatura è sempre la stessa: conferenze, “fumate bianche” sulle fideiussioni e un nuovo cronoprogramma che avrebbe dovuto far arrivare i primi due convogli “tra agosto e settembre”, poi una consegna di convogli nuovi ogni 20 giorni.
L’Accordo Quadro sottoscritto nel 2022 tra la Regione Lazio e Firema comprendeva, va ricordato, la fornitura di 38 nuovi treni e la manutenzione decennale dei mezzi, con un investimento complessivo di 315 milioni di euro. Nella prima tranche, del valore di 100 milioni di euro (di cui 56 milioni già anticipati dalla Regione), era prevista la consegna di 11 convogli (5 per la Lido e 6 per la Viterbo nella tratta urbana) che sarebbero dovuti arrivare a partire da gennaio 2024.
Poi il calendario si sbriciola e in banchina non arriva niente.
Ad aprile 2025 Titagarh Firema ha annunciato le garanzie bancarie “certificate” per sbloccare i 38 nuovi treni destinati a Metromare (Roma–Lido) e Roma–Viterbo; la Regione ha avviato verifiche per “certificarne la fondatezza”. Noi le abbiamo viste e siamo convinti che non potranno mai essere escusse.

Di quei treni, al 9 ottobre 2025, non c’è traccia.
Nel mezzo, i comitati raccontano cinque mesi senza progressi, mentre il fornitore ha imputato ulteriori ritardi ai nuovi sistemi di segnalamento (SCMT sulla Lido, ERTMS sulla Viterbo), non previsti a contratto, chiedendo più tempo e più soldi. Traduzione: altri ~10 mesi potenziali di scivolamento.
Intanto la realtà è testarda: linee allo stremo, materiale rotabile vecchio, corse soppresse. Sulla Roma Nord (urbana per Viterbo) i “nuovi” convogli restano “fantasmi”, parola usata dalla stampa locale in piena estate.

I soldi (pubblici) che bruciano
Qui non parliamo solo di orari: parliamo di denaro pubblico. A inizio marzo 2025 si stimavano circa 56 milioni di euro già anticipati alla commessa senza consegne effettive, e senza rientro dei fondi. È la fotografia della beffa doppia: pagare il conto e restare a piedi.
Il paradosso finale? Mentre l’appalto Firema traballa, si valuta (e si annuncia) l’acquisto di nuovi treni Hitachi per tamponare l’emergenza su Metromare e Roma–Viterbo. Se la mossa diventa strutturale, i cittadini rischiano di pagare due volte: la fornitura originaria e la toppa successiva.
La presa in giro (l’ennesima) per la giunta Rocca
Dopo mesi di diffide, tavoli e verifiche, la giunta Rocca incassa l’ennesima smentita dei fatti: i treni non ci sono, i tempi si allungano, e perfino il deposito di Magliana (condiviso con la metro B) e i cantieri sulla Roma–Viterbo rischiano di ingolfare qualsiasi consegna “ravvicinata” ventilata nei comunicati. È una presa in giro politica e amministrativa che si rovescia addosso a chi governa oggi, ma che nasce da una filiera di inadempienze e leggerezze che attraversa più stagioni. Nicola Zingaretti davanti ai magistrati la fa sempre franca ma se si analizzano i soldi buttati tra mascherine e treni la cifra “regalata” sfiora i 150milioni di euro.
E la magistratura?
Con decine di milioni (di gran lunga oltre i cento) già usciti e nessun convoglio in servizio, è inevitabile la domanda: dov’è la magistratura? A oggi, nel dibattito pubblico non risultano esiti noti di indagini che abbiano chiarito responsabilità e tutela delle risorse impiegate su questa commessa; i comitati e la stampa civica chiedono da mesi di fare piena luce. Nel frattempo, i pendolari continuano a pagare in tempo di vita: ore perse, mezzi stracolmi, corse fantasma. (Questo giudizio è un’analisi editoriale basata su cronache e documenti pubblici; eventuali accertamenti sono di competenza degli organi inquirenti).