ROMA – Ieri a Roma, all’interno della kermesse Atreju — organizzata dal partito Fratelli d’Italia — si è consumato un momento di grande intensità emotiva: sul palco è salito Rom Braslavski, un giovane israeliano liberato dopo 738 giorni di prigionia nelle mani di Hamas, che per la prima volta ha raccontato in Italia la sua drammatica esperienza, tra torture, violenze e orrori vissuti durante e dopo il rapimento del 7 ottobre 2023.
La sala principale, gremita da circa 300 persone sedute e centinaia in piedi, si è fatta silenziosa per ascoltare le sue parole — in platea, tra gli altri, volti noti della politica italiana: ministri, parlamentari e rappresentanti del partito.
La sala più grande della manifestazione — gremita da circa 300 persone — ha accolto Braslavski con grande emozione. Presenti in prima fila numerosi rappresentanti politici di Fratelli d’Italia: tra loro parlamentari e ministri come Arianna Meloni, Giovanni Donzelli, Eugenia Roccella, Lucio Malan, Andrea Delmastro e Sara Kelany.
Braslavski — accompagnato dal padre — è stato accolto con una standing ovation e ha iniziato a raccontare ciò che ha visto e vissuto: donne uccise, bambini, corpi ammassati, sangue ovunque, urla di “Allah Akbar” risuonare da ogni parte.
«È stato un massacro», ha detto, e ha descritto le torture fisiche e psicologiche subite: fame, isolamento, umiliazioni, abusi, giorni in cui non mangiava, notti spaventose, paura.
Ha aggiunto di conoscere ex ostaggi che oggi non riescono più a parlare, che hanno perso la ragione, portatori di cicatrici visibili e invisibili.
Prima di lui, nessuno — in Italia — aveva raccontato pubblicamente con tale lucidità e sofferenza ciò che significa essere prigioniero di Hamas e sopravvivere a un inferno umano.
Al termine del suo intervento, la commozione era palpabile: qualcuno ha pianto, altri sono rimasti visibilmente scossi. Il silenzio è stato rotto solo da un lungo, sentito applauso che si è trasformato in standing ovation.
Nei corridoi del villaggio di Atreju poi, Braslavski, accompagnato da esponenti del partito, ha passeggiato tra gli stand: un gesto semplice, ma carico di significato.
Quella di ieri non è stata una semplice testimonianza: è stata una lezione — dolorosa, ma necessaria — su cosa significa subire violenza, perdere la libertà, restare segnati nel corpo e nello spirito. Per molti presenti è stata una sveglia, una presa di coscienza che va oltre la politica, oltre le bandiere: un richiamo all’umanità, al rispetto, alla memoria.

