Adesso il giornalista ha l’obbligo di svelare l’identità della fonte che ha “confessato” segreti sull’omicidio in televisione (il medico che ha operato Bernardo Provenzano è stato ucciso) ma il sospetto che sia tutta una fiction stile “Gomorra” è sempre più forte
ROMA – Clandestino è un programma che racconta attraverso la voce del giornalista, David Beriain, le indagine che vanno avanti da diversi anni sui meccanismi e i codici dei più grandi cartelli del narcotraffico mondiale. Il tutto è arricchito con le interviste dei diretti protagonisti.
Nella nuova puntata, il documentarista si è concentrato sul racconto di una delle maggiori organizzazioni criminali presenti nel nostro Paese, ovvero la ‘ndrangheta, Cosa Nostra e Sacra Corona Unita.
Per fare in modo che tutto fosse perfetto, il giornalista ha girato in tutta l’Italia per moltissimi mesi insieme alla sua troupe, molte volte correndo dei rischi o lavorando sotto copertura.
Incredibile ma vero. David Beriain andrebbe assunto dai servizi segreti perché, quello che ha scoperto lui in poche settimane, le interviste esclusive realizzate, i filmati inediti e soprattutto come riesce lui a far “cantare” i mafiosi non i sono riusciti personaggi del calibro di Falcone e Borsellino.
A parte il disgusto nel vedere questi documentari, palesemente “recitati”, non a caso David Beriain collabora con un altro “fenomeno” ormai accertato e cioè Roberto Saviano.
Ci ha colpito una cosa del servizio Clandestino andato in onda la scorsa settimana.
David Beriain è impegnato ad intervistare pericolosissimi affiliati alle cosche calabresi e siciliane, improvvisamente decisi a mostrare attraverso le immagini e raccontare, attraverso la propria voce al mondo intero, come si muovono ed operano nell’interland milanese.
Uno di questi, in preda al raptus della confessione, in pieno stile “cantastorie”, ha fatto un preciso riferimento “al medico che operò Provenzano“.
Secondo questo mafioso, ripreso di spalle ma tanto desideroso di raccontare al mondo le sue bravate, i suoi segreti, racconta che per uccidere una persona, a lui, basta un “cucchiaino“.
Chiaro riferimento all’uso di eroina e l’overdose, guarda caso, motivi del decesso del medico urologo di Belcolle trovato morto nell’appartamento viterbese nel 2004.
Era il 12 febbraio del 2004 quando nel suo appartamento di Viterbo, Attilio Manca, brillante urologo definito “luminare” a soli 34 anni, veniva ritrovato cadavere con due buchi nel braccio.
Un’autopsia per molti carente e falsata da esami non eseguiti, certificava alla cronaca un suicidio per overdose ma la ricostruzione dei fatti intorno al giovane ed alla sua famiglia, raccontata dai legali, hanno più volte cercato di portare alla luce un’altra verità; un omicidio ed un clamoroso depistaggio.
Testimoni e collaboratori di giustizia danno versioni concordanti sulla “partecipazione della mafia e dei servizi segreti nella sua uccisione”, perché?
Attilio, a causa di legami familiari vicini a quel ramo di Cosa nostra che a Barcellona Pozzo di Gotto avrebbe favorito la latitanza di Bernardo Provenzano e messo in relazione col boss corleonese per via del tumore alla prostata che lo aveva colpito.
Durante la trasmissione Chi l’ha visto di qualche tempo fa, dedicata al caso Manca, i giornalisti della redazione, scoprirono che l’ex capo della Squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, aveva falsificato il documento che attestava la presenza di Attilio nell’ospedale Belcolle, presso il quale lavorava, proprio nel periodo in cui Provenzano si trovava, secondo la ricostruzione, a Marsiglia.
Attilio Manca in quei giorni non era a Viterbo e in una telefonata che fece alla famiglia, disse di essere nel sud della Francia.
Nei mesi successivi all’intervento fu accertata, da inchieste della magistratura, la presenza di Provenzano proprio nell’Alto Lazio; stando alle ricostruzioni, per farsi visitare da Attilio Manca durante la degenza.
Sappiamo poi come è andata a finire e cioè che per la morte del medico Attilio Manca è stata condannata la donna che, nel corso delle indagini, risultò essere la sua pusher personale di eroina.
Il tribunale di Viterbo ha condannato a 5 anni e 4 mesi Monica Mileti, accusata di aver fornito eroina al medico Attilio Manca e di averne provocato la morte per overdose nel 2004.
Ora però, l’intervista del giornalista spagnolo dovrebbe avere un seguito. Se non ci troviamo difronte ad attività teatrali raccontate per “sentito dire” o a storie “copiate” da altri servizi giornalistici, il giornalista David Beriain deve essere necessariamente chiamato dalla Procura di Viterbo.
Se le notizie raccontate in un servizio giornalistico, sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice può ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni.
Ascoltate quello che dice l’intervistato al minuto 1.06 dello spot di presentazione del servizio “Clandestino” andato in onda sul canale Nove (9).