Una carriera dedicata in gran parte a servizio della Lazio, quella di Simone Inzaghi, dove ancor prima di fare il suo dalla panchina in qualità di tecnico sportivo, ha dato il massimo anche in campo come attaccante. Era il 1999 quando ventitreenne firmò il suo contratto con la Lazio e probabilmente allora nessuno poteva immaginare che quel giocatore un giorno sarebbe stato uno dei migliori leader della squadra.
D’altronde, quella del 1999-00 fu una stagione indimenticabile: era il periodo di campioni come Vieri, Nesta, Mihajlovic e la fortunata combinazione di talenti portò la squadra a sollevare il secondo scudetto.
Da quella vittoria, la carriera di Inzaghi è stata costellata di successi: tre Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Supercoppa UEFA, tutte indossando la casacca biancoceleste. Fu nel 2010 che ormai trentaquattrenne decise di abbandonare la veste di attaccante, ma come ogni grande passione che si rispetti, quello per il calcio non fu un addio: Inzaghi rimase nel club vestendo i panni di allenatore dapprima nelle giovanili e successivamente nella prima squadra.
Successi, vittorie e grandi soddisfazioni hanno costellato questo florido periodo nella Lazio. Oggi Inzaghi sta cercando di far guadagnare alla propria squadra un posto nell’Europa League ma tra i migliori sport pronostici, non manca certo l’ambita qualifica per la Champions League.
Una Lazio, insomma, che è sempre alla ricerca di nuovi traguardi che possano portare ulteriore prestigio alla squadra, e che, grazie al contributo indispensabile di Simone Inzaghi, è riuscita negli ultimi anni a classificarsi tra le 7 squadre più competitive della Serie A.
La svolta per la Lazio – di cui si dice sia stata una delle decisioni migliori mai prese dalla società – fu nel 2016, quando Inzaghi dopo sei anni come tecnico sportivo nelle giovanili fu nominato allenatore della prima squadra, inizialmente sostituendo ad interim Pioli, e successivamente subentrando a Bielsa il quale, dopo solo una settimana di ingaggio, aveva abbandonato la nave.
Da allora, Inzaghi ha reso orgogliosi il club e i tifosi, facendo raggiungere alla squadra importanti traguardi come una Coppa Italia e due Supercoppe Italiane. Il successo e la bravura come allenatore hanno fatto sì che molte società sportive (in primis Juve e Milan) tenessero gli occhi puntati su di lui, nell’eventualità di ingaggio, specialmente al termine della stagione 2018-19, quando le voci si facevano sempre più fitte.
Il motivo di tanto interesse non stupisce: basti infatti pensare che è stato grazie a Inzaghi che la squadra ha potuto competere in Champions League dopo 13 stagioni di assenza. L’allenatore ha senz’altro smosso in positivo gli animi della squadra, donando nuova forza e nuova fame di vittorie.
Nondimeno, è riuscito a saper valorizzare giocatori come Milinković-Savić e Luis Alberto, rendendoli i campioni che conosciamo e che oggi sono ambiti da squadre quali Real Madrid e Juventus, e a riaccendere il vigore in calciatori come Immobile, reduce da due annate trascorse sottotono.
Milinković non era infatti incisivo e determinante, come invece avrebbe dovuto essere grazie alla sua prestanza fisica unita alla raffinata tecnica; Luis Alberto invece addirittura passò dal voler smettere di giocare a essere uno dei centrocampisti più affermati. Entrambi sotto Inzaghi sono maturati, giocano un calcio di qualità rispecchiando appieno lo spirito della squadra.
Per Immobile invece il discorso è diverso: dopo la grande stagione al Torino del 2013-14, sono seguiti due anni poco esaltanti al Borussia Dortmund e al Siviglia. La Lazio, fiutando l’affare e pagando un prezzo davvero basso per il cartellino del giocatore, è riuscita a riportarlo in Italia e a farlo rinascere, grazie soprattutto al lavoro di Inzaghi. Oggi infatti Immobile si qualifica come uno degli attaccanti più prolifici al mondo nonché centravanti della nazionale italiana.
In questi anni Simone Inzaghi ha dimostrato come sempre più spesso a far funzionare un team sia soprattutto il leader, che con passione e pazienza cerca in primis di entrare in contatto con i membri della squadra, comprenderli, per saperli valorizzare e tirare fuori il talento che è in loro.
A contraddistinguere l’allenatore non è soltanto la tecnica e la grande preparazione, ma anche il suo lato passionale, a riprova del grande amore che prova per questa squadra e che non ha mai nascosto, dichiarando apertamente qualche anno fa di come la Lazio fosse ormai casa sua e un vero e proprio punto d’arrivo.