SAN CASCIANO DEI BAGNI – Una montagna di offerte votive legate al potere curativo delle acque sacre, con simulacri di bambini in fasce e persino un seno in lamina di bronzo.
E poi la meraviglia delle monete, a migliaia, in oro, oricalco, bronzo, ancora intatte, quasi fossero state appena lanciate in acqua.
A San Casciano dei Bagni in Toscana, minuscolo borgo nella provincia di Siena con un’economia che da sempre conta molto sulle terme, gli scavi archeologici sovvenzionati dal comune, in concessione dal ministero della Cultura, stanno riportando alla luce la grande vasca di un complesso termale legato ad un santuario che fu romano e prima ancora etrusco. E le sorprese, racconta all’ANSA l’archeologo Jacopo Tabolli, sono “continue e straordinarie”.
Per la ricchezza dei reperti che settimana dopo settimana vengono restituiti dal fango, come quel putto in bronzo di meravigliosa e antichissima fattura ritrovato in estate, con le sembianze di un bimbo seduto e una tenerezza che Tomaso Montanari ha recentemente associato ai Gesù bambini del rinascimento toscano.
Ma anche per i particolari di un racconto che a due millenni di distanza contribuisce a ricomporre la storia di un territorio e a riempirne i vuoti, gettando le basi, chissà, anche per un nuovo turismo.
Tra la terra e il fango che ancora circondano lo scavo, l’emozione è palpabile. “Quello che stiamo scavando è un deposito votivo incredibile”, spiega appassionato Tabolli, ricercatore all’Università per Stranieri di Siena e coordinatore del progetto, una scoperta di quelle che si potevano fare nel Settecento o nell’Ottocento, soprattutto per lo stato di conservazione dei reperti.
Preziosa per la montagna di dati che offre agli studiosi e in qualche modo davvero unica, anche per quelle 2500 monete in perfetto stato, quasi fosse riemerso intatto il caveau di quella banca a cielo aperto che doveva essere il santuario dell’antica San Casciano. “Un sogno inseguito da almeno 15 anni”, racconta la sindaca Agnese Carletti.
Il primo passo nel 2007, quando il comune promosse lo scavo condotto dalla Soprintendenza che riportò alla luce i resti della necropoli di Balena, non lontano da dove si scava oggi, con tombe del II e I sec. a C. che già avevano attratto l’attenzione degli studiosi per le loro iscrizioni bilingue, in etrusco e latino, a testimonianza del processo di progressiva acculturazione di una romanità incombente. Nel 2018 viene finanziata l’esplorazione geofisica dell’area del Bagno Grande, alle spalle delle terme cinquecentesche ancora oggi in funzione.
Nell’agosto 2020 la prima grande sorpresa, con il ritrovamento di un altare dedicato ad Apollo. Il resto è la cronaca degli ultimi mesi, con le nuove campagne che hanno riportato alla luce i particolari della monumentale vasca a forma allungata dove i fedeli venivano a bagnarsi nell’acqua rigenerante che qui sgorga a 38-42 gradi, ma anche ad affidare offerte ed ex voto agli dei.
E sono proprio gli oggetti, le raffinate decorazioni dell’immensa piscina con le orme scolpite di fedeli e animali, le orecchie dedicate alla divinità affinché ascoltasse le preghiere, il toro in bassorilievo che segna il punto in cui l’acqua veniva fatta defluire, i richiami al tema sacrificale e al mondo agropastorale oltre agli altari dedicati a Iside e Fortuna Primigenia a raccontare la storia di questo posto magico, come un film che si arricchisce di nuovi particolari mano a mano che gli archeologi scendono in profondità.
Le ipotesi sono affascinanti.
L’idea è che questo fosse un santuario davvero importante, fulcro delle antiche Aquae Clusinae, le fonti di Chiusi, un luogo di frontiera meta di una frequentazione internazionale almeno fino al regno di Marco Aurelio, e dunque ai primi due secoli dell’Impero, rimasto poi in funzione fino al V secolo d.C., quando venne abbandonato, forse dopo un terremoto.
Ma proprio gli ultimissimi ritrovamenti, sottolinea l’archeologo, dimostrano che le radici della fama di questa sorgente alla pendici della montagna di Cetona, partivano da lontano, anzi da lontanissimo.
Dagli etruschi e forse da prima di loro, espressione di un fortissimo culto legato al tema della maternità e dell’infanzia di cui si trovano testimonianze nelle grotte, nelle campagne e nei borghi di questo spicchio di Toscana.
Tante sorgenti e tante antiche devozioni come pezzi di un puzzle che il disvelamento delle potenti tracce etrusche nel santuario poi riutilizzato dai romani, comincia ora a ricomporre, offrendo l’idea di un culto che a San Casciano passa di mano e si rinnova adattandosi via via ai nuovi signori del territorio: cambiano i nomi delle divinità e cambia anche la lingua come dimostrano le iscrizioni “tradotte” della vicina necropoli, ma l’idea che quest’acqua calda offerta dalla terra possa curare i malanni e aiutare persino il nascere di nuove vite rimane uguale, come sarà poi con i Medici e oltre fino al decadimento di fine Ottocento.
“La speranza è che scendendo riusciremo a ricostruire la storia ancora precedente”, dice Tabolli, che lavora in squadra con il collega Emanuele Mariotti e un team di ragazzi arruolati nell’impresa. Tant’è, un piccolo miracolo sono anche i fondi messi insieme dall’amministrazione di San Casciano per finanziare l’avventura.
Un investimento per l’identità, la memoria e il futuro di questo virtuoso borgo storico, che ora spera nel sostegno di chi potrebbe disporre di risorse maggiori. Regione e ministero sono avvertiti.