La ricostruzione degli inquirenti è quasi completa. Mancano pochi dettagli. Uno riguarda la ricercatrice, l’altro di chi era la vettura presente al momento dello sparo nel parcheggio delle Saline. Si cerca ancora il secondo bossolo e la pistola
TARQUINIA – “Così ho ucciso Dario Angeletti, mio rivale in amore”. A parlare è Claudio Cesaris, 68enne originario di Melegnano, comune in provincia di Milano. Tecnico di laboratorio all’università di Pavia in pensione.
Ha iniziato la sua carriera nei primi anni Novanta al Dipartimento Scienze della Terra e dell’Ambiente di Pavia: lavorava nel Laboratorio di eco-etologia dei Vertebrati. Claudio Cesaris aveva trascorso buona parte della sua vita nel Comune melegnanese, dove era stato anche maestro di judo alla Polisportiva Csm e membro attivo della sezione locale dei Cai (Club alpino italiano).
Successivamente si era trasferito a Dresano e da pochi mesi aveva affittato una casa a San Martino al Cimino, a poche centinaia di metri della sua “morosa”.
Una 39enne ricercatrice di Pavia che lavorava insieme alla vittima Dario Angeletti.
Lo ha ucciso mentre era sul sedile posteriore dell’auto (le riprese della telecamera raccontano un’altra cosa), dove la stessa vittima lo aveva fatto accomodare.
Claudio Cesaris, nella sua confessione ha spiegato al magistrato di avere avuto quel martedì, giorno del delitto, un malore, un calo glicemico, mentre si trovava all’Oasi delle Saline a Tarquinia. Poi, in macchina, il discorso è finito sulla ricercatrice.
Una frase fuori luogo detta da Angeletti fa scattare la furia omicida del pensionato milanese che “BAM BAM” esplode due colpi nella nuca retro auricolare destra.
Come detto però il lavoro dei carabinieri è stato a dir poco straordinario ma, scopriremo adesso che se non ci fosse stata quella telecamera di video sorveglianza all’ingresso del parcheggio delle Saline il buon Cesaris forse l’avrebbe fatta franca.
Infatti nei tanti sopralluoghi fatti in zona, all’appassionato ornitologo e maestro di judo gli era sfuggita quella telecamera così piccola e ben nascosta. Era convinto che quella zona fosse buia agli occhi digitali.
La ricostruzione che faremo adesso è frutto di un lavoro giornalistico davvero straordinario fatto dai cronisti di questo blog.
Iniziamo dalla fine. Dalle immagini della telecamera emergono due cose fondamentali. Quando la macchina di Dario Angeletti entra nel parcheggio e nella visuale della telecamera, l’altra vettura, quella di Claudio Cesaris era ferma parcheggiata da tempo quasi all’inizio e distante circa duecento metri da dove la Volvo di Angeletti verrà rinvenuta.
Da dove era arrivato il tecnico universitario milanese?
Da una strada secondaria che dopo qualche chilometro si congiunge alla rotatoria della litoranea lontana da occhi indiscreti. Pochissime case. Pochissima possibilità di incontrare persone. Una via d’arrivo e di fuga perfetta. Ben studiata nei particolari.
Cesaris è sceso dall’auto e si è incamminato verso l’Oasi. Sapeva perfettamente che la sua ex amante lavorasse lì. Così come sapeva perfettamente che, a quell’ora, Dario Angeletti faceva rientro al suo laboratorio di ricerca dopo aver consumato un pranzo veloce. Un panino prosciutto crudo e mozzarella.
Quando la Volvo V40 del docente dell’Unitus gli è passata vicino lui l’ha fermata. Chiede aiuto. Un passaggio. Forse Cesaris avrà raccontato anche ad Angeletti del presunto calo di zuccheri e della necessità di essere accompagnato alla sua macchina che si trova in quel momento nel parcheggio delle Saline.
Il professore ha fatto dunque salire il pensionato a bordo. Ha indossato bene la mascherina e sopra di essa calzato gli occhiali. Così sarà ritrovato nell’auto cadavere da un passante.
Torniamo alla ricostruzione.
Angeletti con la macchina si è diretto verso il parcheggio da dove non uscirà vivo. Ha percorso la strada sterrata con a bordo, al suo fianco, l’assassino. Supera la vettura di Cesaris ma dopo poche decine di metri succede qualcosa dentro la sua auto.
La macchina, infatti, inizia a fare manovre strane e poi un tentativo di testacoda fino a quando non si arresta.
Le tracce sull’erba bagnata sono ancora evidenti di quei momenti di terrore che deve aver trascorso Angeletti che aveva visto, con tutta probabilità, Cesaris brandire la pistola e magari urlare chissà cosa nei suoi confronti.
A quel punto dalle immagini della telecamera, si vede un uomo scendere dalla Volvo V40 dal lato anteriore destro con il volto trafelato probabilmente da una mascherina. I dettagli dell’abbigliamento e della vettura parcheggiata hanno permesso agli inquirenti di arrestare Claudio Cesaris che, prima di scendere da quell’auto, aveva esploso a sangue freddo due colpi di 6,35 dietro l’orecchio destro di Angeletti.
Dal momento dell’apertura dello sportello anteriore destro della Volvo V40 alla fuga a ritroso verso la propria macchina, cioè quella di Cesaris, non sono state immortalate immagini perché in quel momento un bug ha compromesso la registrazione. Forse il vento ha fatto andare via il segnale per una trentina di secondi.
Qualcosa dentro quella macchina quindi è accaduto e deve essere raccontato nei dettagli, forse, nel prossimo interrogatorio di garanzia a cui sarà sottoposto Claudio Cesaris non appena sarà in grado di essere trasferito nel carcere di Borgata Aurelia a Civitavecchia.
Ieri mattina, nel parcheggio delle Saline, i carabinieri muniti di metal detector hanno perlustrato l’area dove è avvenuto l’omicidio in cerca del secondo bossolo che ancora non è stato trovato insieme al giubbino del pensionato milanese e la pistola usata per compiere l’omicidio.