Il suo racconto “stravagante e fantasioso” racconta di un quartiere in mano a bande criminali, violenti molestatori sessuali, bulli e spacciatori
CIVITAVECCHIA – Valeria Gargiullo è una giovane donna autrice di un libro “Mai stati innocenti”. Lo ha presentato venerdì scorso nel salotto letterario della Fondazione Cariciv e, in quel momento, forse, nessuno ha dato peso al terribile paragrafo che riguarda la sua infanzia nel quartiere di Campo dell’Oro a Civitavecchia.
Fu allora che ho cominciato a odiare. L’odio per il quartiere ha allargato la ferita. Non mi sentivo protetta dal luogo che mi aveva messa al mondo. Il processo di scrittura è stato essenziale per rinascere, debellare la tentazione di cedere all’odio. Il dolore ha provato a trasformarmi in una persona diversa, in un’egoista, bugiarda, in una frustrata. La scrittura ha permesso di liberarmi o perlomeno esorcizzare la morte viva di Campo dell’oro, per spiegare meglio questo concetto, prendo in prestito le parole straordinarie di Gesualdo Bufalino: “Vi sono suicidi invisibili. Si rimane in vita per pura diplomazia, si beve, si mangia, si cammina. Gli altri ci cascano sempre, ma noi sappiamo, con un riso interno, che si sbagliano, che siamo morti”. Al quartiere si mangia, si vive, si respira eppure si è morti: quante volte ho visto persone inversamente abili prese di mira dai bulli e nessun adulto obiettare, farsi avanti; ragazzine palpeggiate, violentate verbalmente in pieno giorno dai teppisti del momento e i genitori ne ignoravano la loro dignità, lasciandole a se stesse; cornicioni che cadevano sulla strada dove bambini dell’età di mia nipote avevano giocato lì sotto un attimo prima.
Ed ancora:
Uno stradone di un chilometro divide Civitavecchia a metà: da una parte Santa Fermina, con le sue villette a due piani e le vie coi nomi dei fiori; dall’altra Campo dell’oro, i casermoni popolari e i fumi degli impianti industriali che corrodono l’anima delle persone. Di là, un futuro prospero, le bollette in regola, le vacanze al mare; di qua, le famiglie arrancano e i figli, abbandonati a loro stessi, sognano una fuga impossibile. È quello che fa anche Anna, che ha studiato duramente e messo i soldi da parte per potersene andare via, lontano, all’università. Tutto però sembra andare in frantumi quando vede il suo fratellino di quattordici anni, in sella a un motorino, con un martello in mano, insieme alla banda criminale che controlla la zona…
L’aver sottovalutato il contenuto di questo libro è stato fatale. Le reazioni sui social sono terribili. Il racconto surreale è probabilmente il frutto della fantasia dell’autrice che deve aver vissuto un’altra vita in un’altra dimensione.
Gli abitanti del quartiere, da quelli storici ai più giovani chiedono un confronto con l’autrice, sia per l’inesattezze geografiche raccontate nel libro sia per i contenuti.
“Non possiamo lasciar passare un messaggio così fantasioso. Inventato, surreale, distorto. Vogliamo un confronto con l’autrice”.
Forse stare chiusa in casa giorni interi l’ha portata a vivere una realtà virtuale, chissà… Oppure ha trovato quello che cercava, pubblicità per il suo libro.
Ecco alcuni esempi: