Basta buche (discariche) e rifiuti in strada. Un ciclo completo e con impatti ambientali vicino allo zero modello
ROMA – Quando è stato inaugurato, nel 2017, quello di Copenaghen si presentava già come un termovalorizzatore avveniristico, destinato a far parlare di sé.
Fin da allora, infatti, oltre alla avanzatissima tecnologia che permetteva di ottimizzare le prestazioni energetiche e quelle ambientali, Amager Bakke era stato annunciato come una specie di rivoluzione. Un inceneritore di nuova generazione che non solo doveva generare energia e calore per la capitale danese, ma anche prometteva di diventare luogo di ritrovo per i cittadini di Copenaghen: luogo in cui fare sport, sciare o arrampicare. Due anni dopo, la promessa fu mantenuta e l’inaugurazione delle piste da sci è avvenuta e quelle delle pareti di arrampicata è attesa per il 2020.
A Copenhagen, però, hanno trovato il modo di dare una seconda vita ai rifiuti e a farlo nel miglior modo possibile, tenendo in considerazione innanzitutto la città e i suoi cittadini. Così, grazie al combinato disposto di tecnologia innovativa e di un’architettura integrata, ha preso forma un impianto waste-to-energy – finalizzato cioè all’ottenimento di energia dal recupero dei rifiuti – che è da subito stato riconosciuto come uno dei migliori in Europa in termini di efficienza energetica, capacità di trattamento dei rifiuti e attenzione per l’ambiente, ma anche in termini di resa visiva e accettazione della comunità.
In provincia di Latina, nelle prossime settimane, il commissario straordinario nominato dalla Regione Lazio dovrebbe indicare il sito per la realizzazione di una nuova discarica.
Se il progetto ottenesse il via libera dalla Regione Lazio, il termovalorizzatore trasformerebbe in energia elettrica e in calore per il teleriscaldamento i rifiuti che altrimenti dovrebbero andare in discarica, ovvero quelli non riciclabili.
Il modello a cui si ispira è identico a quello di Copenaghen di cui abbiamo parlato in apertura.
Quello proposto da Altissimi, “utilizza le migliori tecnologie disponibili per produrre energia elettrica e per il recupero delle polveri e delle ceneri (recuperate per il 97%) derivanti dalla combustione, evitando emissioni in atmosfera di macro e microinquinanti“.
Gli scarti da portare in discarica, ovvero i residui di cenere, sarebbero il 3%, ovvero “massimo 15mila metri cubi contro i 700mila metri cubi che utilizzerebbe una discarica e il complesso sarebbe ricoperto di verde per mimetizzarlo con l’ambiente circostante“, aggiunge il presidente di Rida che, tramite un’altra società che fa parte del suo gruppo, la Crea Plant, ha presentato il progetto in Regione Lazio.
I finanziamenti per realizzare l’impianto sarebbero tutti privati e il modello proposto è quello dell’azionariato diffuso: “Per superare l’effetto Nimby la strada è quella di trasformare la compagine societaria, dopo l’approvazione del progetto e prima della sua realizzazione, in società per azioni ad azionariato diffuso, con la possibilità per ogni cittadino di acquisire azioni e diventare così parte attiva del progetto e della gestione“.
La combustione dei rifiuti genera calore che, intrappolato in una caldaia da 220 megawatt, a sua volta verrebbe utilizzato per produrre il vapore con cui alimentare la rete di teleriscaldamento. Oltre ai dividendi delle azioni dunque, ai cittadini di Aprilia arriverebbe anche l’acqua calda in casa.