Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dai proprietari del Bagnaccio contro la demolizione di alcune opere considerate abusive dal Comune
VITERBO – Nei prossimi giorni i gestori del Parco Termale Bagnaccio adempieranno alla sentenza del Consiglio di stato rimuovendo le opere contestate, oltre a ciò a pesare è l’ ordinanza di revoca dell’affidamento della subconcessione. L’ unico parco termale ecosostenibile della provincia, uno dei pochi in Italia, rischia così di chiudere definitivamente per l’immobilismo e l’ostruzionismo dell’amministrazione comunale, ma i gestori del Parco termale Bagnaccio non ci stanno. Diversi posti di lavoro andranno persi, così come la fruizione da parte dei disabili nell’unico luogo che gli permette l’accesso gratuito in completa sicurezza ed igiene.
“La risoluzione del contratto di sub concessione del Parco termale al Bagnaccio è dovuta ad alcune contestazioni mosse dall’Amministrazione nel giugno del 2021 e che hanno avuto l’epilogo il 19 maggio. Dal canto nostro, abbiamo cercato di adempiere a tutte le richieste, pur di preservare il rapporto contrattuale, senza riuscire a trovare una soluzione, soprattutto perché tali richieste snaturavano il rapporto concessorio. Detto in altri termini: il Comune di Viterbo chiedeva alcuni adempimenti incompatibili anche con le loro stesse richieste”.
Lo affermano Gabriele Scorza, Alessandro Scorza e Federico Basili, gestori del Parco termale del Bagnaccio, commentano la nuova chiusura dell’area.
“Un esempio è dato dalla richiesta di un’area termale pubblica con delle vasche, a latere del Parco: abbiamo presentato i progetti redatti secondo gli obbligo contrattuali, ma ci è stata negata l’autorizzazione. L’abbiamo ripresentata a seguito di un’ulteriore diffida da parte Comune, è stata accolta solo per aspetti del tutto marginali, affermando per il resto che l’area non è idonea ad ospitare opere per attività termali”. Come dire: da un lato il Comune chiede un adempimento, dall’altro – una volta richiesto – non lo autorizza. Un comportamento davvero difficile da spiegare”.
“Il contratto di sub concessione è oggettivamente poco chiaro in alcune sue parti, presenta aspetti ambigui e per alcuni tratti si può parlare anche di un contratto di difficile applicazione. Ciò detto, abbiamo cercato sempre di rispettarlo, nell’interesse legittimo al termalismo di una determinata fascia di popolazione. Non è stato così da parte del Comune: di fronte a norme di dubbia praticità e applicabilità, anziché aprire un dialogo, abbiamo trovato un muro: non c’è stato ascolto. Abbiamo avuto la sensazione che l’unica intenzione dell’Amministrazione fosse quella di risolvere il contratto, focalizzandosi su alcuni inadempimenti a nostro giudizio solo presunti. Ora. dopo un anno di scambi di missive con l’Amministrazione comunale, siamo arrivati a questa conclusione che fa vincere solo la burocrazia e fa perdere i cittadini e i nostri dipendenti che da oggi si trovano senza un lavoro”.
“Siamo intenzionati a proseguire la nostra battaglia nelle aule di giustizia, dove chiederemo un risarcimento dei danni e, anche se ci vorrà del tempo, la possibilità di riaprire l’attività. Il Comune di Viterbo è andato contro l’interesse pubblico del termalismo e ci ha impedito di lavorare”.