ROMA – Quanto devono piacere le poltrone al Nostro Governatore Nicola Zingaretti?
Davvero tanto, se pensiamo che da oggi, giovedì 14 ottobre 2022, ne ricopre
ben 2 con le medesime onorevoli terga.
Sono ambedue poltrone di alto livello, alla faccia della Costituzione più bella del mondo, la quale, all’art. 122, secondo comma, solennemente sancisce che: “Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento…”, consiglio di cui lui fa parte di diritto in quanto eletto Presidente della Regione Lazio.
Ma si sa, fatta la Costituzione trovato l’inganno: l’art.15 del Regolamento della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati recita:
1. Entro trenta giorni dalla prima seduta della Camera, ovvero dalla data di proclamazione quando avvenga successivamente, e comunque ogni volta che sia richiesto dalla Giunta, ciascun deputato dichiara al Presidente della Camera le cariche e gli uffici di ogni genere che ricopriva alla data della presentazione della candidatura e quelle che ricopre in enti pubblici o privati, anche di carattere internazionale, nonché le funzioni e le attività imprenditoriali o professionali comunque svolte.
Tutti sanno (o credono) che la Costituzione è la fonte più alta e solenne dell’ordinamento italiano.
Un regolamento parlamentare, per di più un regolamentino di serie B, non potrebbe assolutamente essere in contrasto con la Costituzione. Ma secondo la Corte Costituzionale, essendo uno degli atti interni delle Camere (interna corporis), non potrebbe di regola essere giudicato incostituzionale dalla Corte stessa.
In soldoni, per dirla con Orwell, tutti sono uguali davanti alla legge ma i parlamentari sono più uguali degli altri, grazie a quell’organo giurisdizionale che Pannella definiva la «cupola della partitocrazia».
Ma al di là dell’aspetto procedurale, Zingaretti, ben potrebbe dimettersi subito da Presidente e Consigliere regionale in ossequio alla Costituzione formale, quella appunto scritta anche nell’art. 112, a cui la partitocrazia italica contrappone la ben più melmosa Costituzione materiale.
Eppure non lo ha fatto all’atto della proclamazione a deputato, avvenuta l’8 ottobre scorso. Non lo ha fatto il 13 ottobre 2022, data della prima seduta della Camera dei deputati a cui Zingaretti ha partecipato ed ha votato.
Non lo farà per le prossime 3 settimane, a leggere quanto da lui comunicato alla stampa.
La scusa è che vuole portare a termine la legislatura regionale facendo portare in
Aula alla Pisana e in Giunta a Colombo vari provvedimenti legislativi ed amministrativi importanti che altrimenti, se scattasse il regime di ordinaria amministrazione a seguito delle sue elezioni, potrebbero non essere assunti.
Ma la Costituzione è chiara: non dice che si può stare e votare a Montecitorio e
contemporaneamente stare alla Pisana e/o a Via Colombo e fare la mummia, anche
senza mai votare e firmare nulla.
Dice che è incompatibile anche il solo ‘appartenere’, cioè il solo mantenere la carica regionale assieme a quella parlamentare.
Solo a Padre Pio e a pochi altri Santissimi è stato riconosciuto il dono della bilocazione.
Fin qui saremmo davanti al classico amante delle poltrone-sofà, ma per Zinga forse sarebbe meglio parlare di divanofilìa, vista l’importanza delle due cariche cumulate.
Se però pensiamo al passato, allora non si può non ricordare che Zingaretti va matto per i contributi figurativi pagati dall’erario pubblico per lavori dipendenti ‘privati’ che rimedia sempre in costanza di candidature o di esercizio di mandati politici.
Già nel 1993 venne assunto dal PDS come impiegato a tempo indeterminato ai tempi della sua elezione a consigliere comunale di Roma.
Nel febbraio 2008, mentre è eurodeputato a Bruxelles e Segretario del PD Lazio, si fa assumere dal suo Tesoriere, cioè dal Tesoriere del PD Lazio (che sarà poi assunto al Consiglio regionale e infine in Giunta regionale sempre grazie al PD) come dirigente a tempo indeterminato del PD Lazio medesimo!
Nel 2013 cumula le vesti di Governatore e consigliere regionale e di dirigente a tempo indeterminato dell’Unione regionale PD Lazio, come ammesso dal suo Ufficio stampa nel 2021, caso messo in luce da Etruria News prima e da La Verità in modo assai più evidente poi.
In quanto lavoratore dipendente assunto durante il mandato politico o allo “scoppio” della campagna elettorale con seggio sicuro, lo stakanovista Zinga dal 1993 ad oggi, senza mai un giorno da disoccupato, ha accumulato contributi previdenziali a carico dell’erario pubblico ammontanti a una cifra che oscilla tra 500.000 euro e 1 milione di euro o più, cifra che l’INPS di Pasquale Tridico si è rifiutato di rendere nota rigettando una istanza di accesso civico del Sindacato Italiano, rappresentato nell’occasione dal cittadino e contribuente Giampiero Tofani, in quanto considerata ‘esplorativa’.
Fino a qui la giustizia italiana ha detto che i contributi pubblici pagati al dipendente Zinga per un lavoro offertogli dal suo Tesoriere poi assunto tramite il PD sono in regola.
Ma se Super Zinga non si è dimesso dal Consiglio regionale il giorno stesso in cui ha iniziato a svolgere le funzioni di deputato ciò significa che – nel caso avesse dichiarato anche alla Camera dei Deputati, come ha fatto in Provincia nel 2008 e poi in Regione nel 2013, di essere ancora lavoratore dirigente dipendente del PD Lazio – sta cumulando 2 cariche e 2 indennità.