Il consigliere Liberati commenta la condanna dell’ex governatrice dell’Umbria, evidenziando le responsabilità storiche della magistratura che avrebbe evitato di sanzionare i reati e gli abusi della classe dirigente locale. Forse è arrivato il momento di rendere noti i nomi dei politici e dei magistrati che, come sostiene da tempo Liberati, vanno a cena insieme?
PERUGIA – “Lunedì è avvenuto un fatto nuovo in Umbria: la condanna anche in Appello di Maria Rita Lorenzetti, 25 anni dopo quella tangentopoli che investì la stessa nostra Regione e alcuni assessori dell’epoca. È però la prima volta in assoluto che un ex presidente finisce alla sbarra, in 46 anni di storia dell’Ente territoriale”. È quanto dichiara il capogruppo regionale del Movimento 5 stelle, Andrea Liberati.
“Credo opportuno – prosegue Liberati – avviare una riflessione non tanto sul reato addebitato all’ex governatore, il falso, ma partendo da tutto quel che la giustizia, nella bellezza di mezzo secolo, non ha mai ‘visto’, né tanto meno sanzionato la classe dirigente locale. Sto parlando dell’intreccio politico-affaristico dovuto al più pervasivo sistema pseudo-cooperativistico esistente in Italia, quello umbro. Un sistema che, dopo aver gettato alle ortiche solidarietà e mutualità, è divenuto vera e propria porta girevole dei capi partito, polmone delle loro casse, intangibile bacino elettorale, con dinamiche opprimenti e tali da ridurre fortemente anzitutto le libertà economiche, a partire dalla libertà d’impresa in Umbria. Si tratta di un meccanismo fortemente lesivo e distorsivo della dialettica democratica e delle stesse libertà politiche, se è vero come è vero che appalti, delibere, assunzioni, stipendi e voti sono fattori che, per decenni, si sono tenuti insieme. E si mantengono insieme tuttora: ci sono esempi eclatanti, lo diciamo tutti i giorni. Li scardineremo”.
Per Liberati “a fronte di questo disastro para-legalizzato, la condanna della Lorenzetti rappresenta allora poco più di un buffetto. E poco meno di una metafora. Siamo infatti dinanzi a gigantesche responsabilità, anzitutto storiche, che chiamano in causa l’intera classe dirigente regionale, incluse le sue estese diramazioni in seno a presunte opposizioni le cui condotte sono apparse ictu oculi per lungo tempo collusive e omissive. Parimenti evidenti le responsabilità storiche della magistratura poiché, in passato, sono certamente giunti nelle varie Procure umbre decine e decine di puntuali esposti su questi fenomeni: eppure ben poco sembra esser stato fatto per arginare la deriva. Non si stupisca pertanto – continua Liberati – il procuratore capo di Perugia, Luigi de Ficchy, se, da parte dei cittadini, arrivassero ben poche segnalazioni: tra imprenditori distrutti in forza di questo ‘sistema’ e giovani che emigrano a migliaia; tra chi ha chiesto ripetutamente giustizia per ritrovarsi poi emarginato con un pugno di mosche in mano e chi oggi deve elemosinare da una coop 3,5 euro netti all’ora; tra un CSM fortemente condizionato dalla politica e procuratori ‘d’assalto’ improvvisamente ricollocati altrove, credere nella Magistratura resta un atto di fede. Atto di fede -conclude Liberati – che è nostro disperante dovere, perché, pur diffusamente frustrata, nondimeno prosegue l’opera meritoria di tanti pubblici ministeri, e delle forze di polizia, che, senza guardare in faccia a nessuno e con immensi sacrifici, provano a fare quotidianamente il loro lavoro”.