“Con Larini sono più volte venuto a Civitavecchia. D’Amico è un mio cugino acquisito. Non ho preso un euro da questa vicenda. Mi dispiace soprattutto per i privati che hanno perso tutto investendo con Larini”
Il Mef DEVE commissariare l’ente ed iniziare un’azione di responsabilità nei confronti di tutti i responsabili come ha fatto Banca Etruria
CIVITAVECCHIA – Finalmente ce l’abbiamo fatta. Siamo riusciti ad intervistare uno dei diretti interessati nella triste vicenda legata alla truffa perpetrata ai danni della Fondazione Cariciv, Stefano Costanti, all’epoca dei fatti CEO della LP Suisse Advisory.
Pubblichiamo integralmente l’intervista dando la possibilità ai nostri lettori di ascoltare con le proprie orecchie le giustificazioni di Costantini che, di fatto, apre nuovi scenari su questa vicenda.
La prima è che il reato della truffa si è consumato nella sede della Fondazione Cariciv e non in Svizzera come hanno sempre sostenuto da via del Risorgimento. Insomma ci troviamo difronte ad un Canton Civitavecchiese.
Al di là delle responsabilità penali che la Procura intenderà individuare, crediamo che a questo punto sia d’obbligo pensare a come la Fondazione possa recuperare il danno causato dalla malversazione di Larini.
Ovviamente il MEF, con un commissario, dovrà iniziare un’azione di responsabilità verso gli artefici di questa incauta azione di investimento.
Ad esempio, il commissario liquidatore di Banca Etruria, Giuseppe Santoni, ha inviato una lettera agli ex amministratori dell’istituto di credito, fra cui spicca il nome di Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme. Cosa ha scritto in questa missiva il commissario è semplice.
Trenta giorni di tempo per trovare 300 milioni di euro, né uno di più né uno di meno. Altrimenti cominceranno le azioni legali che potrebbero portare al pignoramento di case, automobili, titoli obbligazionari, terreni, proprietà.
“Egregi signori, a causa delle condotte illecite e di mala gestio accertate dalla Banca d’Italia e confermate all’esito delle verifiche…” è l’esordio della lettera di quattro pagine inviata a 37 manager della vecchia Etruria che hanno fatto parte dei consigli di amministrazione dal 2010 in poi, fino al commissariamento del febbraio 2015.
Tra i destinatari ci sono gli ex presidenti Lorenzo Rosi e Giuseppe Fornasari, il direttore generale Luca Bronchi (la cui liquidazione da 1,2 milioni di euro è valsa l’iscrizione nel registro degli indagati per 14 consiglieri), i due vicepresidenti Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, i membri dei comitati esecutivi e dei collegi sindacali. E compaiono anche i nomi di due eredi di quattro manager deceduti. Tutti insieme, sono ritenuti “responsabili in solido” dei danni causati alla banca e valutati da Santoni in 300 milioni.
L’aritmetica dice che sono 8,1 milioni a testa. Ed “entro e non oltre 30 giorni” gli ex amministratori si devono attrezzare per trovare il denaro. “In solido”, non importa chi metterà quanto, basta che tra un mese sia versata l’intera cifra altrimenti partirà formalmente l’azione di responsabilità e la causa civile per “il ristoro dei danni arrecati alla Etruria, nonché ai creditori sociali”.
Dunque la stessa cosa deve valere anche per Vincenzo Cacciaglia, Ernesto Chiacchierini, Ludovico D’Amico, Massimo Ferri, Rosalba Padroni e via via tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno apposto la loro firma o il loro consenso in questa scellerata operazione.
Quando sarà commissariata la Fondazione, speriamo quanto prima, si potranno finalmente conoscere nel dettaglio le carte e i nomi dei responsabili.
Quello che dice Costantini nell’intervista è pieno di inesattezze, secondo noi, ma da oggi in poi questo non ha più importanza.
Se non saranno recuperate le somme dovranno rimettere quei soldi nelle casse della Fondazione i vertici che, inspiegabilmente, continuano a rimanere asserragliati su poltrone che farebbero impallidire anche il papà della ministra Boschi.