Obiettivo capire come e chi decise il finanziamento da 30 milioni e con quali garanzie. Nel mirino della procura anche le altri grandi sofferenze
IL CASO è così clamoroso che non poteva non finire nel mirino del pool di Pm che indaga su Banca Etruria. Perché che una bella fetta (46 su 140) dei milioni stanziati per finanziare lo yacht più grande del mondo sia stata dirottata alle Isole Vergini con un semplice bonifico è un reato di competenza della procura di Civitavecchia, ma che 30 ce li abbia messi via Calamandrei è questione che invece riguarda chi svolge le indagini ad Arezzo.
Ecco allora la staffetta tra le due procure, con i magistrati che si sono sentiti nei giorni scorsi per una collaborazione già ben avviata. A Civitavecchia, d’altronde, il Pm Lorenzo Del Giudice ha già fatto un bel lavoro di scavo, coadiuvato dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Roma del colonnello Cosimo Di Gesù. Ad Arezzo, invece, il pool coordinato dal procuratore Roberto Rossi, era stato messo in allarme dalla relazione sullo stato di insolvenza del liquidatore della vecchia Bpel Giuseppe Santoni, nelle cui quasi 150 pagine la vicenda della Privilege Yard e della carcassa del panfilo che arrugginisce nel porto di Civitavecchia sono bene in evidenza.
ORA IL COMPITO dei Pm aretini è chiaro: capire come e con quali garanzie Banca Etruria abbia partecipato al pool delle banche finanziatrici. Sulla base di quali impegni si decise di dare il via libera a un credito così oneroso dal punto di vista economico? Chi lo decise? Possibile che il fior fiore del sistema creditizio nazionale (con Bpel c’erano anche Bpm, Mps, Unicredit e Intesa) abbia messo in campo più di cento milioni sulla base della carta con la quale Barclays ne prometteva 180 ma solo a «barca in mare»?
Nel mirino della procura rischia di finire lo staff dirigente e il vertice di Etruria ai tempi in cui fu erogato il fido principale (nel febbraio 2011) e anche prima, quando la banca aretina finanziò con 20 milioni, insieme al Banco di Sardegna, l’apertura del cantiere, benedetto a suo tempo anche dal cardinale Tarcisio Bertone, già segretario di stato vaticano. L’ipotesi è naturalmente quella della bancarotta.
LO STESSO reato che potrebbe essere ravvisato per gli altri grandi fidi poi finiti in sofferenza e contenuti nella lista di Santoni. Il più grosso di tutti è il complesso di fidi (62 milioni, parte dei quali erogati in sole 24 o 48 ore) che sono finiti nelle casse di Sacci, gigante dei cementifici finito in concordato di cui era patron Augusto Federici, nel Cda di Etruria fino al 2011. Senza dimenticare i casi della Villa San Carlo Borromeo (25 milioni in fumo) del guru Armando Verdiglione, dell’immobiliarista Pierino Isoldi (15 milioni persi) e dell’Hevea. Tutto materiale da bancarotta appunto.