E’ davvero il caso di dirlo: da oggi finalmente anche l’Italia ce l’ha fatta, ed è entrato finalmente in vigore un testo, che per quanto non perfetto, ci restituisce la dignità di un Paese civile. E infatti, Civile, si chiama la nuova Unione, solo per evitare quella parola tabù, matrimonio, che alcuni portatori di normalità pretendo a sé riservata.
Magra consolazione, perché negli aspetti essenziali, le unioni civili sono dei veri e propri matrimoni, tranne che nel nome.
Ma la nuova legge non crea solo diritti-doveri per lesbiche ed omosessuali che scelgono di unirsi civilmente, ma regola, dopo anni di stratificata giurisprudenza che ne ha colmato il vuoto, i diritti ed i doveri delle c.d. coppie di fatto, cosa, per molti versi, ancor più rivoluzionaria delle nuove unioni civili.
Le nuove Unioni Civili
Possiamo dire che, nell’attesa del matrimonio egualitario, le copie omosessuali oggi hanno una possibilità di unione che molto si avvicina al rito regolato dal codice civile.
Stessa disciplina si rinviene in merito:
alle impugnazioni dell’atto, alle cause impeditive, ai diritti e doveri di assistenza reciproca morale e materiale e di coabitazione, alle ritualità relative alla celebrazione di fronte all’Ufficiale dello Stato Civile, alla contribuzione economica ed alla scelta dell’indirizzo della vita familiare, alla scelta della residenza. Anche per le nuove unioni, la regola patrimoniale è quella della comunione legale dei beni, salvo diversa opzione da effettuarsi tramite dichiarazione all’ufficiale dello stato civile all’atto di celebrazione dell’unione o con apposita convenzione patrimoniale.
Differenze dal matrimonio si rinvengono in relazione all’obbligo di fedeltà, elemento assente nelle nuove unioni, alla possibilità di scegliere il cognome dell’altro od anteporlo o posporlo al proprio (senza le anacronistiche priorità maritali), alle modalità con le quali l’unione si scioglie. A questo ultimo proposito, le parti dell’unione potranno direttamente “divorziare” senza passare attraverso la separazione dei coniugi.
Al comma 20 dell’unico articolo, si legge una clausola importante di equiparazione, ad ogni effetto di legge, della parola “coniuge” alla parte dell’unione civile.
Ciò, con l’unica eccezione relativa alla legge n. 184 del 4 maggio 1983, ossia la legge in materia di affidamento ed adozione di minorenni. A tal proposito, tuttavia, è bene notare l’ultimo inciso “Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.”. Come da più parti, ed autorevolmente, è stato fatto notare, ciò sognifica far salvi i pronunciamenti dell’autorità giudiziaria che hanno, negli anni, accolto le richieste di step child adoption da parte di coppie omosessuali. In altre parole, ciò che non è riuscita a portare a casa la politica, la garantirà comunque la giustizia, nel superiore interesse del minore.
I futuri decreti legislativi dovranno adeguare le regole in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni ed occuparsi di coordinarle con il sistema di diritto internazionale privato, ossia di quella parte del nostro ordinamento (oggi rilevante), che potrà disciplinare quei casi in cui la coppia o la vita della coppia unita civilmente, abbia elementi di internazionalità.
A tal proposito, occorre puntualizzare che le nuove unioni civili, proprio per il rinvio generale di cui al comma 20 su richiamato, avranno i medesimi effetti ai fini della regolarità del soggiorno sul nostro territorio, potendo vantare la parte dell’unione, gli stessi diritti del coniuge, in punto di ricongiungimento familiare. Non solo, ma ciò avrà un riflesso anche per l’applicazione della Direttiva Europea in materia di circolazione.
Per cui, d’ora in poi, le coppie unite civilmente, potranno far valere la propria unione anche ai fini dei trasferimenti nell’area europea.