Itinerari – Da Porta Faul a Prato Giardino – Viterbo

Da Porta Faul a Prato Giardino

PORTA FAUL

Prima di partire, però, fermiamoci almeno un attimo, a osservare Porta Faul. E’ del tutto diversa dalle altre perché non è piccola come le porte medioevali, ma neanche grande come Porta Romana e Porta Fiorentina. Ti chiederai come mai.
Nel Medioevo, vicino a Porta di Valle, era stata costruita la parte finale delle mura per racchiudere tutta la città. Lì vicino passava il fosso Urcionio.
Nel 1454 questo, però, straripò, sommerse campi, persone e distrusse le mura da poco costruite. Diventò, perciò necessario ripararle e in quell’occasione si decise di fare una nuova porta per sostituire Porta di Valle.
Questa porta fu aperta in un’antica torre di cui è stata tagliata la parte superiore. All’inizio venne chiamata Farnesiana, in onore di Alessandro Farnese, però il popolo di Viterbo l’ha sempre chiamata Porta Faul perché permetteva di entrare nella Valle di Faul. Hai notato che questo nome si vede spesso anche sugli stemmi, mentre si gira per le strade di Viterbo?
Devi sapere che il sacerdote domenicano Annio, studioso serio, ma pieno di fantasia, raccontò che Noè aveva fondato quattro castelli: Fanum, Arbanum, Vetulonia, Longola. Dall’unione di questi quattro centri sarebbe nata Viterbo. Dopo questo racconto venne messo, sotto la zampa del leone dello stemma, un globo diviso in quattro parti in cui apparivano le lettere F.A.U.L.: erano le iniziali dei castelli che avevano formato Viterbo.
Certo che la nostra città è piena di leggende! Sicuramente ricordi quella della Bella Galiana che ti ho raccontato quando siamo passati sotto Casa Poscia. Sai già che il suo innamorato aveva chiesto di vederla prima di tornare a Roma con le sue truppe.
La torre che si trova a sinistra di Porta Faul, praticamente attaccata all’antica Porta di Valle è, per i Viterbesi, la torre della Bella Galiana. Da qui, secondo la fantasia popolare, la ragazza si sarebbe affacciata.
Nel 1706 venne aperto accanto alla Porta Faul un passaggio per far scorrere via le acque del torrente Urcionio. Ti chiederai dove sia questo fosso tanto nominato. Solo da pochi anni scorre sotto terra in grandi tubi, ma quando ci sposteremo per andare verso le Terme, potremo vederlo alla nostra sinistra.

IL BULICAME

Saliamo sul nostro pullman e percorriamo per un po’ la strada che corre lungo l’Urcionio e che, a destra, ci lascia vedere diverse grotte scavate nel tufo. Procediamo fino ad arrivare al fontanile che i Viterbesi chiamano Fontan del Boia. Curioso nome, vero? I nostri vecchi raccontano che la casetta vicino la fontana era proprio la casa del boia, cioè della persona che uccideva i condannati a morte. Pare che l’uomo lavasse nella fontana la sua scure, per lui “ferro del mestiere”. Adesso giriamo a destra e poco dopo incontriamo una stradina bianca che ci porta all’Orto botanico. Questo giardino che è sorto da pochi anni, già ospita diverse piante, alcune anche rare. Se leggiamo l’avviso attaccato al cancello, possiamo sapere sia l’orario di apertura, sia il prezzo del biglietto per visitarlo.
Di fronte all’Orto botanico si apre una spianata, ricoperta da incrostazioni bianche. Senti che odore particolare viene da quella parte? Dentro quel recinto c’è una grossa e famosa sorgente termale: il Bulicame.
Avviciniamoci. L’odore caratteristico che sentiamo ci fa capire che l’acqua che sgorga contiene zolfo. Vedi come bolle? In realtà è solo impressione. L’acqua sgorga a 60 gradi e i gas che si liberano dall’acqua fanno sembrare che stia bollendo. In passato alcuni pensavano che quest’acqua poteva lessare in pochi secondi qualunque cosa ci cadeva dentro e altri credevano che questa pozza fosse l’ingresso dell’inferno.
Tu lo sai che la fantasia riesce a dare spiegazioni a tutto!
Certo è che, fin dall’antichità, quest’acqua viene usata per curare tanti malanni.
Di fronte alla pozza recintata del Bulicame c’è una colonna di pietra con una lapide che riporta i versi di Dante Alighieri. Il poeta paragona i ruscelletti che escono dalla “callara” del Bulicame a ruscelli dell’Inferno. Questo dimostra che anche Dante aveva visitato la zona.
Ora vorrei condurti alle Terme che usano l’acqua del Bulicame e delle altre sorgenti che il nostro territorio offre abbondanti, perché è di origine vulcanica.

LE TERME

Già dal tempo degli Etruschi e dei Romani, vicino alle diverse sorgenti che formano il Piano dei Bagni, furono costruite ville e terme. Nel Medioevo anche i papi Gregorio IX e Bonifacio IX si curarono in queste acque,
Soltanto i ricchi però potevano godere delle meravigliose qualità dell’acqua termale della nostra città. Intorno al ‘400, invece, furono costruiti alcuni bagni pubblici che presero il nome di “Bagno delle Grotte”, Quando, però, vennero a curarsi qui la madre del Papa Niccolò V e poi lo stesso Pontefice, essi cambiarono il loro nome in “Bagni del Papa”. Niccolò V fece anche costruire vicino alle Terme un palazzo che poi fu fatto ingrandire da Papa Pio II. Nel 1930 fu costruita la grande piscina dove ancora oggi si possono fare dei piacevoli bagni, anche in inverno. Lo so che la piscina è scoperta, ma il tepore dell’acqua è tale che molte persone frequentano la piscina anche quando fa freddo e riescono anche ad avere per tutto Tanno una “tintarella” invidiabile.
Ci avresti mai pensato? Nell’acqua della piscina molti fanno il brindisi di Capodanno!
Dai, mettiamo il nostro autobus nel parcheggio delle Terme dei Papi, andiamo anche noi a pagare il biglietto ed entriamo a farci un bagno. Potrò raccontarti qualche cosa sulle Terme anche mentre ci riposiamo nell’acqua.
Dopo la Seconda guerra mondiale vennero ricostruiti gli impianti danneggiati e le Terme vennero divise in due stabilimenti separati.
Quelle che vedi da qui, mentre sei immerso nell’acqua della piscina, sono le Terme Comunali: le recenti opere di sistemazione le hanno trasformate in un moderno complesso che offre cure e, a richiesta, alloggi di prim’ordine.
Attaccato allo stabilimento termale c’è un lussuoso albergo. Il nome? Niccolò V, naturalmente!
Poco più avanti c’è un altro bellissimo complesso dove diverse personalità vengono a trascorrere piacevoli periodi di riposo: il Pianeta Benessere. Adesso, credo che sarebbe il caso di riprendere il nostro giro.

CASTEL D’ASSO

Usciamo dal parcheggio delle Terme dei Papi e, girando a sinistra, continuiamo la Strada Bagni che tra breve ci porterà a Castel D’Asso.
Qui, in una zona d’aperta campagna sono raccolti resti di diverse epoche storielle.
In questo posto sorgeva il Castellum Axia romano. Sulle sue rovine fu costruito, nel Medioevo, il castello di Asso. Su quelle rocce tra Rio Freddo e il Fosso Freddano si vedono ancora i resti di questa costruzione. Nella parete rocciosa che si trova di fronte al castello e lungo la stradetta che risale dalla valle si trovano tante tombe etrusche.
Si chiamano “tombe a dado” perché hanno la facciata scolpita e riquadrata in modo regolare. Al centro si vedono le loro “porte finte” mentre il vero ingresso alla tomba sta più in basso. Qualche volta la parte inferiore è collegata a quella superiore attraverso delle scale scavate nel tufo.
Quasi sicuramente nella parte superiore si svolgevano i riti funebri in onore del morto o vi si recavano i parenti. La tomba vera e propria, invece, veniva chiusa e sigillata. Gli Etruschi usavano rinchiudere nella tomba tutti gli oggetti del morto, perché pensavano che gli servissero nell’altra vita. Prima di chiudere la tomba, vi lasciavano un fuoco acceso, così l’ossigeno bruciava e si creava un “vuoto d’aria” che faceva conservare tutto più a lungo. Oggi, purtroppo, le tombe sono vuote, spogliate di tutto. Certo, diverse cose si sono salvate e si trovano ben custodite nei musei, ma molte altre sono state rubate nei saccheggi che sono cominciati fin dal tempo degli antichi Romani.
Quello che forse non sai è che queste tombe sono state anche usate come case. Certo, non al tempo degli Etruschi! Nell’ultima guerra, la popolazione di Viterbo era terrorizzata per i bombardamenti che devastavano la città. Diverse famiglie, allora, decisero di lasciare le loro case e di “trasferirsi” ad abitare al “Castello”, nelle “grotte”.
Immagini come si saranno sentiti a tornare in pochissimo tempo ad un tipo di vita primitiva, quasi da età della pietra? Nelle grotte si viveva in comune con altre famiglie; l’acqua si prendeva al fosso; il bagno non c’era certamente; si mangiavano spesso erbe selvatiche; per cercare di rimediare qualche cibo diverso si doveva arrivare a piedi fino a Viterbo. Lo sai come dormivano le persone che abitavano in quel periodo nelle grotte?
Qualcuno aveva, come materasso un mucchio di paglia, altri, invece, si costruivano la “rapazzola”. Mai sentita nominare, vero? Beh, oggi ti voglio stupire! Prendevano quattro bastoni che terminavano a forcella e li piantavano a terra, ai quattro angoli di un immaginario letto. Collegavano, poi le forcelle a due a due attraverso un robusto bastone. Subito dopo appoggiavano e legavano dei bastoni di traverso. Un bel tipo di rete ortopedica, no? Per fortuna noi non abbiamo dovuto vivere una simile esperienza!
Torniamo ora sui nostri passi, fino alle Terme dei Papi. Da qui ci conviene dirigerei verso la strada Tuscanese. Su questa via si incontrano grandi caserme: a destra il CALE e, a sinistra, la VAM. Andiamo ancora avanti fino ad incrociare la Cassia. Giriamo, poi a destra per tornare verso Viterbo. Poco dopo incontriamo l’ingresso dello Stadio cittadino. Qui gioca la nostra squadra, la Viterbese. Lo so che non è molto famosa, ma la domenica diversi giovani vengono qui per assistere alle partite e fare il tifo per la nostra generosa squadra. Sempre sulla destra, dopo pochi metri, si alza l’alto e imponente muro di Prato Giardino, grande villa comunale dal 1843. Entriamo dal grande cancello che si apre di fronte a Porta Fiorentina e subito troviamo un bel posto. Di fronte all’entrata un laghetto con i cigni che scivolano nell’acqua e poi grandi viali ombrosi lungo i quali ci sono i busti di personaggi importanti, Concludiamo qui, per oggi, il nostro giro, e godiamoci la pace che ci offre questa piccola isola di verde, circondata dal traffico e dalle costruzioni della città.