È stato un successo, è stato un flop

C’erano duecento persone, c’erano meno di cento persone.
Nessun disordine e toni moderati, grida e insulti.

Sono le due facce di una stessa manifestazione riportate da giornali diversi.
Sono i due modi di vedere i fatti e di raccontarli.

È vero che a volte la visione di un problema dipende dallo schieramento di un giornalista o dalle scelte editoriali di una testata, ma è altrettanto vero che l’informazione deve operare nella propria autonomia. Anche se indotta, come dicevo, dalle proprie scelte.

Lasciamo da parte il tifo da stadio di quelli che applaudono secondo convenienza, che vedono eroi quando l’articolo è funzionale alla propria vittoria e mascalzoni quando invece racconta la loro sconfitta.

E lasciamo stare anche i condivisori compulsivi che amano enfatizzare notiziole come se si trattasse di articoli degni di premi letterari.
Chi segue un poco facebook, sa di cosa e di chi parlo.

L’errore più grande, secondo me, è l’attacco a testa bassa dei giornalisti autori degli articoli che possono non piacerci.
Tacciarli di malafede secondo convenienza non lo trovo giusto nei loro confronti, sarebbe come fare di tutta l’erba un fascio.

Se Tizio gioca più sull’uso di una parola piuttosto che entrare nel cuore di un problema, non diventa automaticamente un pennivendolo, anche perché andrebbe valutata la sua “storia” giornalistica. Anche se ancora breve.

Se Caio scrive un lungo articolo per affermare le proprie convinzioni, che a qualcuno non piacciono, non diventa necessariamente un venduto, magari meritevole di sottili minacce. Gli articoli vanno letti con la testa libera da pregiudizi, altrimenti la conclusione è scontata.

È brutto sminuire gli altri insultandoli o disprezzando il loro lavoro definendoli “giornalai”.
Lasciamo a ognuno il proprio ruolo, spetta poi all’ascoltatore o al lettore, valutare secondo la propria coscienza e la propria maturità.

Non cambio idea su un giornalista solo perché oggi ha scritto un articolo che non mi piace.
Ma questo vale anche al contrario.
In fondo rimangono giudizi personali e i giornalisti sono esseri umani pensanti, con le proprie idee e con le proprie convinzioni.
Convinzioni e idee che magari a volte condizionano il loro giudizio.

Il giudizio, appunto. E chi siamo noi per giudicare?

P.S. Le notizie dei giornali vanno lette, soppesate, valutate, interpretate. Ma assolutamente non assorbite come fossero verità assoluta. Sarebbe un errore.