Fondazione Vulci – Il presidente Carmelo Messina e le amicizie pericolose tra mafiosi e faccendieri

A Catania la Procura arresta due imprenditori nel campo dei rifiuti ed emergono inquietanti intercettazioni che vedono protagonista Messina. Altro oscuro precedente con lo scandalo degli elicotteri in India. Adesso dovrà spiegare ai magistrati il tutto

CATANIA – Che Carmelo Messina, presidente della Fondazione Vulci di Montalto di Castro-Canino-Cellere, fosse un personaggio ambiguo lo si sapeva. Che fosse caduto in disgrazia anche. Già perché alcune delle ultime vicende giudiziarie a livello internazionale che lo hanno visto in qualche modo protagonista lo hanno relegato nell’angolo delle amicizie “attenzionate” e quindi pericolose.

Dopo il tentativo fatto di prendersi la televisione civitavecchiese Mecenate Tv attraverso la società dove lavora il figlio ed altri galantuomini del calibro di Italo Bocchino e Luigi Crespi eccolo tornare alla ribalta in una vicenda giudiziaria siciliana che ha a che fare con la MAFIA.

Iniziamo dunque con l’ultima vicenda che lo vede protagonista attivo anche con una serie di intercettazioni telefoniche con gli imprenditori Nino e Carmelo Paratore (padre e figlio).

I due erano ambiziosi e sono stati arrestati una decina di giorni fa dai carabinieri del Noe nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di rifiuti della Dda della Procura di Catania assieme a colletti bianchi del Comune di Melilli e della Regione Siciliana.

Per raggiungere i loro loschi obiettivi sono riusciti ad ‘avvicinare’ uomini importanti, esponenti del Governo e politici di spicco con il solo scopo entrare nel giro dei grandi affari e accreditarsi per quel business che si chiama smaltimento rifiuti.

E’ il Gip Giuliana Sammartino, citando intercettazioni e accertamenti dei carabinieri del comando provinciale e del Noe di Catania, a riportare alcuni incontri e contatti, precisando tra l’altro che nessuno degli esponenti politici o governativi citati è al momento ancora indagato nell’inchiesta.

Nel 2013 gli imprenditori vogliono aprire una nuova discarica in Turchia. Carmelo Paratore “coltivava i rapporti con Carmelo Messina, all’epoca vice presidente dell’Unione di amicizia Italia Turchia” col quale “discuteva cripticamente della consegna di una ‘busta’”.

Messina – scrive il Gip – chiama Paratore per dirgli che loro si vedranno alle 20 e che porta una sua amica che parla perfettamente il turco e che è il braccio destro di Bersani, lavora a Invitalia ed è l’amica del cuore di Bellodi”.  L’ambasciatore turco, sottolinea il Gip di Catania “si reca nella discarica della Cisma il 28 marzo 2014, la visita è ripresa dal sistema di video sorveglianza”.

Il Gip ricostruisce anche il tentativo dei Paratore, attraverso la loro società Cisma, di accreditarsi con Invitalia “realizzando un incontro con il presidente Messina e Alberto Dell’Utri”. Incontro finito nelle registrazioni del Noe.

Grazie ai loro rapporti, in particolare questa volta con Carmelo Messina dell’Unione amicizia Italia- Turchia ed ex responsabile relazioni esterne delle Ferrovie, i Paratore entrano in contato anche con Invitalia e vanno la seguito della missione dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi in Cina per fare affari lì. E grazie a Messina ricevono nella discarica di Melilli perfino l’ambasciatore turco in Italia, al quale spiegano intenzione di voler aprire un impianto in Turchia.

Non c’è che dire insomma per un personaggio di siffatto calibro che sul suo profilo personale scrive di noi di tutto di più e poi elogia la sua collaborazione con la CISMA:

Io sono un modello di lotta alla mafia. Educato da giovane dalle letture di Michele Pantaleone e Danilo Dolci . I signori della Cisma hanno un socio,il CNR dello stato italiano. Mi è bastato questo per assistere la loro azienda in Turchia. Io non conosco le galere!

Beh, scritta così non è che si capisca tanto cosa sia la CISMA e di cosa si sia occupata, allora ve lo facciamo leggere noi chi sono in questo articolo di Luca Signorelli:

In mezzo altri funzionari e dipendenti che hanno resistito alle pressioni, che si facevano via via sempre più insistenti e pericolose, e il totale disinteresse nei confronti di un territorio martoriato come quello del Siracusano, anche da parte del dipendente comunale di Melilli Salvatore Salafia, che continuava a favorire gli interessi della Cisma emettendo concessioni in sanatoria in favore dei Paratore. Tralasciando l’aspetto mafioso e gli interessi dei Paratore con Cosa Nostra etnea, nelle 97 pagine dell’ordinanza colpisce la presenza dei cosiddetti colletti bianchi: Gianfranco Cannova, indagato come responsabile del procedimento di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Cisma; Giuseppe Latteo, dirigente dell’Unità operativa rifiuti fino al 31 dicembre 2015; Mauro Verace, dirigente generale del servizio Via – Unità operativa rifiuti fino al 30 giugno 2016 e nominato commissario ad acta dal Tar per un procedimento sulla discarica inquisita; Natale Zuccarello, dirigente del servizio Via – unità operativa rifiuti fino al 2013, tutti in forza all’Arta Sicilia.

Tutti accusati di aver organizzato all’interno della discarica di Melilli “la gestione e lo smaltimento abusivo di ingenti quantità di rifiuti”: 350 mila tonnellate di rifiuti anche pericolosi non provenienti dalla provincia di Siracusa che, attraverso una falsa attestazione, sarebbero stati sottoposti a una falsa stabilizzazione. Il trucco era semplice: miscelare rifiuti pericolosi e non pericolosi, con calce e cemento, anche improvvisando sulle quantità, ampliando l’area di stoccaggio, violando i provvedimenti di Aia e Via e inviandoli direttamente nell’inceneritore gestito dalla Gespi. Nel frattempo i funzionari consentivano alla Cisma la gestione illecita di tonnellate di rifiuti, omettendo di provvedere al rispetto delle prescrizioni ed emettendo autorizzazioni in palese violazione di legge, mentre l’azienda si avvaleva di un proprio laboratorio della Siram in violazione dell’obbligo di terzietà e competenza.

Ancora Cannova, Zuccarello e Latteo avrebbero omesso, dal 2007, di diffidare la discarica al rispetto delle prescrizioni e di chiudere gli impianti per le enormi difformità: nessun deposito del progetto esecutivo adeguato alle prescrizioni del decreto regionale di Via; aree di stoccaggio in luoghi diversi da quelli autorizzati, realizzazione di tre capannoni al posto di quattro; la presenza di pozzi, uno irriguo e uno potabile, in prossimità dell’impianto. Paolo Plescia, direttore tecnico dell’impianto di trattamento dei rifiuti di contrada Bagali dal maggio 2012 e direttore tecnico della Siram Srl e ricercatore del Cnr di Roma, avrebbe contribuito invece con uno studio sulla “apparente stabilizzazione” dei rifiuti trattati dalla Cisma. Nel frattempo i sopralluoghi di Arpa e Provincia, praticamente inutili, riscontravano una serie di irregolarità che venivano “sistemate” a Palermo dai dirigenti. A contestare più e più volte l’iter c’è la funzionaria di Arpa Siracusa, Dora Profeta, che a un certo punto sconfessa pure le tesi tecniche di Plescia. L’Arpa nel 2011 segnalava più volte le violazioni in merito alle emissioni diffuse, ai codici con cui avviavano in discarica i rifiuti pericolosi spacciati per non pericolosi e a una serie di richieste di intervento dove però nulla veniva fatto.

Verace è indagato per aver modificato il decreto Via del 2006 sostenendo che l’ampliamento fosse uno stralcio di un progetto generale già approvato in precedenza quando invece sarebbe dovuto passare da un’altra Via. Cannova è accusato di aver ricevuto soldi in contanti dai Paratore in cambio di prescrizioni… dimenticate. Anche Mario Corradino, funzionario dell’assessorato Infrastrutture e mobilità, sfruttando le proprie relazioni con i funzionari del ministero dell’Ambiente, si sarebbe fatto consegnare denaro. Un esempio: Corradino cerca contatti anche con il ministro dell’Ambiente Galletti tramite il parlamentare Saverio Romano, grazie al quale riesce ad avere un appuntamento con il ministro il 26 settembre 2014. L’incontro, durato un’ora, è immortalato dalle fotografie degli investigatori che li seguono fino all’ingresso al largo Goldoni a Roma.

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