Cade tutto il castello accusatorio, nessuno ha minacciato, nessuno ha chiesto niente, i nastri digitali degli interrogatori spariscono, molti fatti sono stati artatamente “travisati” ma questo non basta. Il Gup manda tutti a processo dove la sentenza è già scritta. Saranno tutti prosciolti
CIVITAVECCHIA – Abbiamo volutamente aspettato le prime luci dell’alba per scrivere questo articolo. Noi ieri mattina eravamo presenti al Tribunale di Civitavecchia quando si è svolta l’udienza davanti al GUP, a carico di Gianni Moscherini, Enzo De Francesco e Pasqualino Monti.
Era un’udienza formale dall’esito scontato e che dimostra, ancora una volta, che questa giustizia farraginosa va necessariamente riformata. La figura del GUP trasformata in quella di “passatori” di carte che indossano la toga lasciata in eredità da Ponzio Pilato e mai una volta che provano a contraddire un collega anche quando il lavoro è stato fatto male, non ci sono elementi probatori e, soprattutto, è evidente che ha preso fischi per fiaschi.
Quella di ieri era l’occasione per la Giustizia di farsi sentire. Di chiedere scusa a chi stava seduto sul banco degli imputati e recitare una frase che nel vocabolario del CSM è stato cancellato da sempre: SCUSA.
Già ieri la Giustizia avrebbe dovuto chiedere scusa a tutti. Per gli arresti esagerati e annullati dal Tribunale del Riesame. Per aver lasciato condurre le indagini a chi prima faceva politica ed era contro Moscherini. Per non aver punito, invece, chi ha dimenticato di accendere il registratore durante gli interrogatori dove le risposte venivano indotte da domande che mai si potranno sapere e che non lo si potrà dimostrare mai.
Ad una serie di castronerie giudiziarie che gridano vendetta per come sono state messe in piedi. Il magistrato che ha condotto le indagini, Lorenzo Del Giudice, che ha lasciato la toga giovanissimo (c’è chi dice per quanto combinato, c’è chi dice perché premiato per ciò che ha fatto) per andare nel Gabinetto del Ministro Orlando.
Ieri a questa udienza, che nessuno avrebbe chiesto scusa e che la matassa (che non è matassa) sarebbe finita nelle mani di un giudice monocratico lo si è capito quando a chiedere il processo non c’era nessuno dei pm incaricati ma addirittura quello di turno e cioè la dottoressa Paola D’Amore.
Perché era l’occasione per dimostrare ai cittadini italiani che la magistratura è in grado di chiedere scusa?
Perché ieri, in quell’aula, è stato ribadito al Giudice da parte di Pasqualino Monti di non aver subito alcuna minaccia. Che nel verbale da dove si sarebbero estrapolate le convinzioni di Del Giudice manca la domanda posta da quest’ultimo a Pasqualino Monti così come manca il supporto magnetico dell’interrogatorio che, come hanno detto agli avvocati di Moscherini, si sono dimenticati di accendere.
L’avvocato Andrea Miroli nella sua rogatoria ha ribadito a grande voce che Gianni Moscherini non ha fatto alcun tipo di minaccia. Che il contesto in cui si è svolta quella chiacchierata era in una casa privata e fuori dal contesto lavorativo e che Pasqualino Monti non ha mai avuto paura di nulla.
Questo processo poi passera alla storia perché ci sono Moscherini e De Francesco che dovranno rispondere di tentata estorsione nei confronti del “fantasma del porto”.
Già perché sempre Lorenzo Del Giudice non è riuscito a trovare la parte offesa di questa estorsione. In poche parole è come essere rinviati a giudizio per violenza carnale senza una vittima fisica ma solo perché questa violenza è avvenuta nel cuore della notte, in un letto sì, ma durante un sudatissimo sogno e consumato con una donna virtuale, un incubo insomma.
Dunque non ci sono state aziende della pietra a cui è stato estorto un capello, non c’è stato il presidente del porto minacciato, l’arresto è stato annullato perché ritenuto sproporzionato e avvenuto, semmai, con tre anni di ritardo.
Insomma una serie di castronerie che hanno imbarazzato e non poco la GUP Paola Petti che però ha tracciato il processo. Non si va davanti al collegio ma dal giudice monocratico. Non ci sono aggravanti di alcun genere. Si dovrà fare chiarezza su questa vicenda della minaccia in fase dibattimentale ma, come detto di apertura, chi avrebbe subito la minaccia, Monti ha già ribadito di non averla subita.
Sarà un processo lampo quello che inizierà il 18 gennaio 2018 non può essere diversamente.