CIVITAVECCHIA – Dagli etruschi ai giorni nostri, con un patrimonio genetico praticamente intatto. È quanto emerge da una ricerca dello studioso di storia Vincenzo Allegrezza e dell’archeologa Francesca Pontani relativo agli ulivi dell’entroterra di Civitavecchia, diretti discendenti di quelli coltivati dagli etruschi. Una scoperta documentata dalla Rivista di Storia dell’Agricoltura e dalla prestigiosa accademia dei Georgofili, fatta studiando i siti di antiche fattorie romane e pre-romane con resti di frantoio, ovvero le presse olearie in pietra.
Un’équipe del Cnr-Ibbr di Perugia ha selezionato ventisette campioni dalle presenze arboree di questi olivi, campionando foglie e frutti, di dimensioni generalmente più ridotte rispetto alla media degli olivi coltivati di piccole dimensioni. “I dati preliminari che sono emersi dall’esame dei marcatori plastidiali utilizzati su queste piante – scrivono i due ricercatori – hanno confermato che quasi tutti i campioni analizzati possiedono lo stesso genoma dei selvatici situati al centro e ovest del Mediterraneo. Questo potrebbe far risalire l’origine delle coltivazioni olivicole del comprensorio di Civitavecchia all’epoca preromana e alla messa in coltura di piante selvatiche già presenti nel territorio”.
Insomma, spiega Allegrezza a Labitalia, “tutti i campioni prelevati in questi olivi sono veri olivi che dal periodo etrusco non sono stati sottoposti ad alcuna modifica o a innesti: i frantoi dimostrano un vasto panorama di olivi selvatici ‘veri’ con un patrimonio genetico storico da salvaguardare”. Ne consegue che, prosegue lo studioso, “accanto al patrimonio umano, archeologico, pittorico, c’è anche un patrimonio genetico da salvare. Ecco perché gli incendi hanno fatto danni irreparabili. Vorremmo fare un database di questo patrimonio genetico, ma ci rendiamo conto che ciò è difficile da realizzare”.