VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: 8 marzo 2018, a pochi giorni dall’efferato crimine di Cisterna di Latina, vogliamo tornare sull’epilogo di un tentativo di sottrarre se stessa e le figlie alla violenza del partner. Vogliamo condividere con voi stralci della denuncia di UDI e Salute donna di Napoli.
“L’uccisione di due bambine e il ferimento gravissimo, e dall’esito incerto, della madre da parte del marito e padre Luigi Capasso, appuntato dei Carabinieri, è Il risultato di una serie di omissioni e cattive interpretazioni dello stare, come si proclama, dalla parte delle donne.
Donne e uomini in Italia non sono uguali di fronte alla legge, non lo sono di fatto e non lo sono in quanto alle regole che disciplinano i diritti familiari, assistiamo alla cieca applicazione di “norme sulla bigenitorialità” di fronte a madri maltrattate, violentate e figli terrorizzati. E’ successo questo, anche, alle due bambine, Martina e Alessia, prima di essere uccise da un padre violento: sono state messe sotto pressione e magari colpevolizzate, per non riuscire ad incontrarlo. …
… Alla donna, Antonia Gargiulo, sono stati scaricati l’onere e la colpa di scelte che altri non hanno compiuto. I Carabinieri che non hanno sottratto l’arma allo stalker conclamato, le esperte che non ne hanno fatto richiesta e che non hanno tenuto conto della possibile dissuasione della vittima in fase di denuncia da parte dei colleghi del marito. I colleghi di lavoro testimoni della violenza di settembre accaduta sotto i loro occhi (potevano denunciare come la legge 119/13 prevede), i familiari della donna se non avessero temuto di rompere un equilibrio relazionale, i servizi sociali che incontravano le bambine non si sa su mandato di chi e per fare cosa se non che il loro dovere era proteggere le minori dal violento. Tutti ed ognuno hanno omesso atti dovuti e teorizzato ostacoli facilmente superabili con un atto di coraggio, che invece come sempre viene chiesto alle donne vittime. Ci si deve poi porre una domanda ineludibile: la violenza sui minori è o no un reato multiforme di cui la paura è un sintomo evidente? Chi ha avuto notizia del reato che si stava compiendo su Martina e Alessia? La violenza sulle donne non è forse anch’esso un reato? e di questo tutti erano a conoscenza e nessuno si è mosso, se non solo quando si sono sentiti gli spari. E la madre delle bambine, sotto minaccia, non ha saputo valutare, né e stata aiutata a valutare, che il bene primario era la vita e non certo il posto di lavoro del marito.
Tutti ed ognuno per la propria parte sono responsabili di questa orribile strage di donne! …”
Delle domande ci sorgono spontanee, “ a cosa servono i tavoli istituzionali”? a cosa servono le dichiarazioni mediatiche delle istituzioni preposte alla costruzione e tenuta della rete di sostegno, quando le regole comportamentali di ogni soggetto incluso nella rete antiviolenza non sono adeguate a quello che della violenza sulle donne si sa, e cioè che una donna sottoposta a un uomo violento non è libera? Dalla violenza la donna è legata, ostacolata nell’esercizio della sua libertà. Una donna che denuncia la violenza si mette in sicurezza? Nella nostra esperienza è difficile affermare questo. La donna è sottoposta a consulenze tecniche del tribunale, a volte umilianti, e lasciata esposta alle minacce e intimidazioni dell’uomo violento, la donna deve subire i tempi biblici della durata del procedimento che la lasciano a lungo in balia del maltrattante.
“Contrastare e sconfiggere la violenza è un obiettivo che è stato molto difficile da accettare per la politica, anche solo nominalmente, ma è stato raggiunto, e questo impone una crescita dovuta e irrimandabile di tutti i soggetti coinvolti. L’ascolto e l’aiuto dedicato alle donne vittime della violenza maschile deve essere aggiornato su percorsi e procedure in grado di valutare il rischio per la salute e la vita delle donne e dei figli”.
Associazione Erinna