ROMA – Il «sistema Parnasi», le sue propaggini. I rapporti «istituzionali», le pubbliche relazioni instaurate per cercare agganci e entrature, sopratutto nell’universo della politica. Le carte dell’indagine sul nuovo stadio della Roma restituiscono il modus operandi dell’imprenditore che, per la Procura, ha nel suo core business la «corruzione sistemica e pulviscolare». Ma dal carcere di San Vittore Parnasi dichiara la sua innocenza, in attesa dell’interrogatorio di garanzia fissato per domani anche per gli altri arrestati. «Non ho mai commesso reati – dice ai suoi difensori -. Abbiamo lavorato per anni, 24 ore al giorno, solo per realizzare un progetto».Intanto l’inchiesta va avanti con nuove iscrizioni nel registro degli indagati (in totale 27) come quella di Francesco Prosperetti, che si occupò del vincolo sulle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle, vincolo, poi archiviato, che avrebbe creato un grande problema al progetto dello stadio. Secondo la Procura l’ex capo segreteria del Ministro ai Beni culturali, Claudio Santini, «avvicinò il Soprintendente Prosperetti chiamato a pronunciarsi sul vincolo» che poi fu tolto.
E per questo ricevette un compenso in denaro. Per Parnasi la preoccupazione principale è ottenere le autorizzazioni e ciò, secondo alcune intercettazioni, può avvenire grazie all’elargizione di «somme ai politici».
L’imprenditore a una sua collaboratrice snocciola una serie di quote.
«Scrivi: Ferro 5, Minnucci 5, Agostini 15, Mancini 5, Polverini 10, Giro 5, Ciocchetti 10, Buonasorte 5: non è chiaro se Parnasi stia parlando di finanziamenti leciti o meno anche se il riferimento a fatture emesse a giustificazione dell’erogazione lascia presumere la natura illecita della stessa», si legge in un’informativa. E in un’intercettazione il costruttore dice: «sto sostenendo tutti, pure i 5S … se avessi le autorizzazioni farei il fuggiasco».
L’attenzione degli inquirenti si stringe anche sulla rete di rapporti di Parnasi. Un intero capitolo di una informativa dei carabinieri, allegata alle indagini, è dedicata al rapporto tra il costruttore e il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Gli inquirenti fanno riferimento anche ad un colloquio di lavoro che Parnasi, l’11 marzo scorso, ha effettuato un colloquio di lavoro presso un circolo sportivo con Gregorio «compagno della figlia del presidente del Coni per trovare con l’imprenditore una possibile intesa professionale».
Nell’informativa si legge che «Malagò ha presentato il compagno della figlia a Parnasi col preciso scopo di creargli un’occasione professionale». Dalle conversazioni emerge una stretta relazione tra Malagò e Parnasi, i quali «interloquiscono tra loro anche di questioni inerenti la progettualità relativa allo stadio della Roma e allo stadio del Milan».
Nelle pieghe del procedimento anche la genesi del rapporto tra Luca Lanzalone, arrestato ieri e dimessosi oggi dalla presidenza di Acea, e l’amministrazione capitolina. L’avvocato genovese, ed lo stesso gip a scriverlo nell’ordinanza, non avrebbe mai ricevuto un incarico formale dal Campidoglio.
Un consulente «di fatto» che, però, aveva voce in capitolo nelle complesse dinamiche dell’amministrazione. A confermarlo una intercettazione in cui Lanzalone tranquillizza Parnasi su Cristina Grancio, la consigliera comunale degli MS5 espulsa dal gruppo perché contraria allo stadio della Roma. «Date ancora retta alla Grancio – dice al telefono -.
Adesso io parlo con Luca (Montuori assessore all’Urbanistica del Campidoglio ndr), già gliel’ho detto l’altro giorno, non bisogna andare dietro alle istanze della Grancio perché ti porta a spasso con le sue cazzate».
Cantone. «Le vicende di questi giorni danno forza alla convinzione che è necessario regolamentare il rapporto tra politica e mondo della lobby», ha invece commentato il presidente dell’Anac Raffaele Cantone. L’ordinanza del gip sull’inchiesta sul nuovo stadio di Roma «mette in evidenza con chiarezza quello che può essere il ruolo di associazioni e fondazioni nel finanziamento della politica, è un ‘trattato’ di come vengono gestiti certi affari», ha sottolineato il presidente dell’Anac. Ma quell’ordinanza «dimostra anche che c’è chi dice no», ha aggiunto riferendosi all’assessore all’Urbanistica del comune di Milano Pierfrancesco Maran che, secondo quanto risulta dagli atti, contattato da uomini vicini al costruttore Luca Parnasi, rifiutò una casa.