“Nessuno l’ha aggredito. E’ un provocatore. Chieda scusa ai portuali e si metta seduto per difendere il lavoro e l’economia di un territorio allo strenuo delle proprie forze”
CIVITAVECCHIA – La temperatura nella Città di Traiano questa mattina era calda, caldissima, rovente. Non solo per colpa del sole di fine luglio, Dio lo benedica, ma per tutto ciò che sta accadendo a causa di qualcuno, che da mesi, sta mettendo a dura prova il lavoro, padre e madre di questo territorio, quello dei camalli.Il loro capo, Enrico Luciani, ha sentito la necessità, il dovere, di metterci la faccia e difendere questo lavoro, per l’ennesima volta.
Tutto nasce da quanto accaduto ieri durante l’ultimo consiglio comunale. (LEGGI)
La presenza ingombrante dei portuali dentro la Sala Calamatta ha creato da subito qualche imbarazzo.
Il sindaco, Antonio Cozzolino, che ancora non ha capito come sono fatti i portuali e che con loro non vuole dialogo ma scontro, li sfida, li provoca e lo sta provando sulla propria pelle, ma è solo l’inizio.
Come sono andate le cose lo abbiamo raccontato ieri, qualche spintone o poco più.
Subito il primo cittadino ha parlato di aggressione. Non l’ha potuta etichettare “fascista” o “squadrista” perché quelli, i portuali, hanno una storia tutta loro, scritta con la falce ed impressa col martello.
La sindrome della “pappata” lo perseguita, da sempre. Fortuna sua che non gli è mai stata data e nessuno mai gliela darà. Picchiare Cozzolino non si può e non si deve ma lui lo cerca come la “Titina”.
I portuali sono stati chiari e il megafono usato con più grinta del solito, quello di Enrico Luciani, è stato chiaro. Basta. Vattene. Dimettiti. Non sei degno di rappresentare un territorio raso al suolo, devastato dall’incompetenza, l’inerzia ormai certificata dalla desertificazione del lavoro, della moria delle attività, dalla siccità dei rubinetti, dalla monnezza che trabocca in ogni dove, dalle riunioni carbonare che proseguono da mesi con quel “mostro” l’Enel, che lui stesso non teme di definire con le mani sporche di sangue.
Istituzioni che, invece di difendere i lavoratori, cercano di alzare la tensione che culminerà, questo sì, con il blocco del porto di Civitavecchia nel giorno di Ferragosto. Loro saranno in ferie, i camalli no. Quelli lavorano. Quelli mangiano pane e salsedine tutti i giorni. Non temono la fatica. Non hanno paura. Sono pronti.
Adesso più che mai a far sentire la voce, l’urlo di quel cinghiale ferito (e un cacciatore come Luciani lo sa’ che vuol dire e che significa), non ha paura della morte e dilata le labbra per far spazio alle zanne e colpire a più non posso ovunque. Ecco, questo è stato il risultato delle vertenze mal gestite da due personaggi che hanno dimostrato, secondo il comune sentire, di non essere all’altezza del proprio ruolo. Il sindaco della Città, Antonio Cozzolino e il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Francesco Maria di Majo (già in costume).
“Il sindaco deve chiederci scusa. Deve metterci la faccia e smetterla di scappare. Nessuno l’ha toccato e nessuno ha messo in pericolo la sua incolumità. Lui ha provocato fin dall’inizio – tuona Luciani – ha sospeso i lavori e ha parlato di teatrino, palcoscenico e non ha mancato di mandare a fare in c… alcuni portuali. Questo non lo dice. Non l’ha detto. Così come il consigliere comunale elettricista che si occupa delle vicende portuali, Francesco Fortunato. Si è ben guardato dal farsi vedere e di spiegare le sue dichiarazioni. La sua ammissione di connivenza con Enel con la quale tratta, da sette mesi, segretamente”.
Ci va giù duro il presidente della Compagnia Portuale. Non è solo. Ci sono tutti i lavoratori del porto. Da quelli di Minosse a quelli della Cfft. Da gli uomini della Cilp a quelli della CPR agli stessi della CPC.
E’ ironico, spesso si diverte a giocare con i nomi (A-ponte, A-Luciani, A-Cozzolino) ma è un’ironia amara, che racconta la storia di un grande complotto. Di un disegno, iniziato tanti mesi fa e che adesso sembra essere arrivato in dirittura d’arrivo.
Civitavecchia, Città di Traiano, deve rassegnarsi. Deve diventare un porto green, dove c’è il gas da rifornimento per le navi, quella da crociera. Via le navi da carico. Guai a parlare di mega navi. No. Qualcuno sta portando a termine quel disegno che vuole trasferire il lavoro, quello vero dei portuali, da altre parti, in altri lidi.
Il 15 settembre Chiquita se ne andrà. Prima di farla andar via venderanno cara la propria pelle ed insegneranno a quel sindaco distratto dal padellone il significato dell’acronimo RTC o CPC per finire a quello che forse dovrebbe conoscere meglio TSO.
“Volevamo avere un confronto con il Sindaco e con il consigliere Fortunato dopo la decisione – ha spiegato Luciani – di sospendere senza reale motivo il tavolo istituzionale del lavoro. Confronto al quale, volutamente, si sono sottratti”.
Come ha scritto anche l’assessore Alessandra Lecis in uno dei tanti post su Facebook, “il sindaco non aveva nessuna intenzione di assistere a questa pupazzata”.
“Ha detto che non ci avrebbe concesso questo palcoscenico – ha aggiunto Luciani – questa è la vera violenza, girare le spalle alla città e al lavoro”. Lavoro che oggi è al centro dell’attenzione. Perché le vertenze aperte sono tante. E preoccupanti. Soprattutto perché legate a quella che è l’unica realtà che, negli ultimi anni, è riuscita a garantire occupazione.
La questione della Cfft e dello scarico dei container è l’ultima in ordine di tempo. La Chiquita minaccia di lasciare lo scalo, vuole risposte e certezze entro il 10 agosto. Perché se è vero che l’ordinanza del presidente Francesco Maria Di Majo indica il 15 settembre come data per riportare lo scarico dei container solo ed esclusivamente al terminal della Rtc, è altrettanto vero che il viaggio di una bananiera dura circa 20 giorni. E quindi almeno un mese prima Chiquita vuole sapere se potrà o meno attraccare al porto di Civitavecchia o se dovrà modificare la rotta, definitivamente.
“Se le navi lasceranno il porto – ha aggiunto Luciani – Cfft sarà costretta a licenziare, e così anche la Cpc e altre imprese. Ma non preoccupa solo questo. Preoccupa il fatto che simili atteggiamenti e decisioni minano le basi per costruire un futuro occupazionale, per dare risposte in termini di lavoro e sviluppo ad una città martoriata. Volevamo dire questo al sindaco, chiedendogli di riaprire il tavolo del lavoro, necessario proprio per affrontare le vertenze. Si perdono posti di lavoro senza crearne di nuovi. Cozzolino chieda scusa quindi ai lavoratori, per aver abbandonato l’aula senza motivo. Riattivi il tavolo e si dimetta per incapacità davanti ad una città senza prospettiva: in questi quattro anni non si è visto nulla a favore del lavoro, dell’occupazione e dello sviluppo”.
Il presidente dell’AdSP Francesco Maria di Majo è andato in ferie nel momento sbagliato. Probabilmente questa scelta, a dir poco incredibile, segnerà per sempre la fine della sua esperienza con questo mestiere. Non è adatto e non vuole farlo. Chi lo consiglia lo fa in modo sbagliato e se non cambiano le cose entro le prossime due, tre settimane, Civitavecchia si prepara a rispolverare le manifestazioni del ’68 e del periodo più recente dei No Coke.
Attento Cozzolino, sei avvisato.