Nel centrodestra è lotta a quattro (Riglietti, Sileoni, Moscherini) e una donna per la Lega Lazio, il M5S punta su Marco Tosoni, il centrosinistra sta convergendo su Celli. Intanto l’Europa fa l’occhiolino a Sandro Giulivi (Lega)
TARQUINIA – E’ vero che mancano ancora cinque lunghi mesi per raggiungere i prossimi appuntamenti elettorali ma, partiti, liste civiche, politici di professione, sono al lavoro per cercare di presentare una squadra in grado di conquistare la poltrona da sindaco lasciata vacante dal dimissionario Pietro Mencarini (Forza Italia).
Iniziamo proprio dal centrodestra. Quello più in fibrillazione in questi mesi. Protagonista assoluto alle ultime amministrative dove a scontrarsi in un feroce ballottaggio furono due gruppi dichiaratamente di centrodestra. Quello vincente di Pietro Mencarini (Forza
Italia) e quello di Gianni Moscherini (Fratelli d’Italia).
Vinse Pietro Mencarini grazie al supporto fondamentale dei due giovani rampanti, Manuel Catini e Pietro Serafini che poi, come ci ricorda la storia, con i loro continui litigi hanno portato ad abdicare il malandato in salute primo cittadino.
Dall’altra parte Moscherini non ha fatto meglio. Il suo primo degli eletti, Alberto Riglietti, lo ha abbandonato poco dopo lasciandolo solo e favorendo la disgregazione del gruppo che lo sosteneva.
Adesso si riparte e la politica, si sa, ha la memoria corta e l’ambizione cancella litigi e rancori.
Il centrodestra si sta riorganizzando. Da una parte ci sono i resti di Forza Italia che, capeggiati da Manuel Catini (sostenuto dal senatore Battittoni e svolgendo l’attività di portaborse dell’onorevole Battilocchio), sembrerebbe aver ritrovato armonia (ovviamente temporanea) sia con l’odiato Pietro Serafini ma anche con il detestato Gianni Moscherini.
Stanno cercando di trovare la quadra. Moscherini, pensionato ha forti ambizioni per la candidatura a sindaco. Fuori dal giro politico che conta da troppi anni cerca una rivincita che però appare assai difficile. Sì, perché il duo Catini-Serafini avrebbe messo in gioco un nome di tutto rispetto, quello di Alessandra Sileoni. Conosciuta, preparata, anche se non simpaticissima, gode però di una buona parte dei consensi all’intero di quello che è rimasto (davvero poco) della lista che fu di Rinnova.
Da questa partita rimangono al momento fuori due schieramenti, quello di Fratelli d’Italia che punterebbe senza troppi indugi sulla candidatura autonoma di Alberto Riglietti e la Lega Lazio che invece starebbe preparando una lista forte per sostenere un candidato al femminile.
Lega Lazio andrà da sola. Almeno questa l’indicazione di massima salvo accordi ferrei e garantiti. Il nome della donna, anche se ancora non ufficializzato, non lascerebbe spazio a tante sorprese.
Il Partito Democratico gioca la partita della sopravvivenza.
La “cacciata” e il tradimento a Mauro Mazzola è costata una vera e propria disfatta elettorale. Rimettere i cocci insieme oggi appare assai difficile. Le dimissioni di Palmini sono il segnale più preoccupante e l’unico candidato in pectore al momento, Sandro Celli, sta valutando seriamente cosa fare per non passare alla storia come colui che ha raccolto meno voti di LeU nelle ultime elezioni politiche.
Il Movimento 5 Stelle cambia rotta e strategia. Via il saporifero, impalpabile e inconcludente (seppur ottima persona) dal punto di vista politico, Ernesto Cesarini e dentro la grinta e la tenacia di Marco Tosoni.
Un cambio che non sembra spaventare nessuno ma che in realtà potrebbe creare qualche insidia tra le posizioni che vanno dalla medaglia di legno all’ultimo posto.
Infine le elezioni Europee. Qualcuno, tanti, troppi, stanno spingendo fortissimo sulla candidatura di Alessandro Giulivi nel collegio dell’Italia Centrale.
L’ex sindaco si Tarquinia sta alla finestra e osserva anche se ha messo già in piedi una organizzata squadra in vista delle prossime elezioni amministrative.
L’unica sede aperta tutti i giorni e con un via vai di persone impressionante.
Giulivi non ha sciolto alcuna riserva perché, tra quelli che lo rivogliono sindaco a Tarquinia e quelli che lo vedrebbero bene a Bruxelles c’è di mezzo la storia politica di un personaggio che non ama essere tirato per la giacchetta da nessuno.
Infine Renato Bacciardi. Dopo la caduta di Mencarini si è contraddistinto per il rispettoso silenzio verso quella scelta. Non ha ancora fatto dichiarazioni o uscite che abbiano potuto dar luogo a scenari futuri solo ipotizzabili. Chi lo conosce bene sa che non è un tipo che rinuncia ad una passione così forte e forse, questo lungo silenzio, lascia presagire che ha in mente una strategia e una scelta ben precisa.