Dopo i danneggiamenti alle auto grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali furono disposti controlli “visibili” in modo da scoraggiare la banda dal bruciare autovetture o picchiare persone
VITERBO – La banda calabro-albanese aveva un odio feroce nei confronti degli agenti di polizia o carabinieri che svolgevano, di volta in volta, indagini che potessero ricondurre alle loro azioni criminali o che potessero compromettere i loro piani.
Tanti gli uomini presi di mira. Dal capo della Squadra Mobile Fabio Zampaglione che aveva intensificato i controlli sui COMPRO ORO e che sospettava un cartello. Ci sono anche agenti normali nel mirino della banda come l’assistente Pietro Settembri al quale non sono riusciti a bruciare la macchina perché difeso dai colleghi e reo di proteggere un COMPRO ORO concorrente perché spesso vittima delle loro scorribande.
Non solo. Con le indagini che svolgeva, Pietro Settembri stava creando un danno economico alle attività di Giuseppe Trovato. La pressione investigativa del poliziotto doveva essere allentata per questo Trovato iniziò una serie di contro pedinamenti e indagini al fine di scoprire dove abitasse e che macchina avesse in uso per fare il solito falò.
Oppure i tre fratelli Massimo, Giuliano e Stefano Presutti perché indagavano su alcuni episodi avvenuti in città.
L’unico che però sono riusciti a colpire è stato il vice brigadiere Massimiliano Pizzi al quale riuscirono a bruciare la macchina la notte del 19 aprile del 2017.
I Carabinieri intervenuti rinvengono, sul luogo teatro del crimine, un tappo di plastica di quelli normalmente usati per chiudere le taniche in plastica di benzina, poggiato su un guanto in plastica di quelli in dotazione presso i distributori di carburante; un secondo guanto fu rinvenuto su un prato nelle immediate .vicinanze.
La natura dolosa dell’incendio dell’autovettura del PIZZI risulta anche dalla scheda di intervento dei Vigili del Fuoco in cui è annotato “probabile natura dolosa dell’incendio”.
I Carabinieri identificano nella immediatezza due testimoni oculari dell’incendio, vicini di casa del PIZZI.
Dalle dichiarazioni è possibile ricondurre l’azione ad un gruppo di più soggetti che hanno utilizzato una Fiat Punto di colore scuro (probabilmente nera), vista allontanarsi a forte velocità imboccare la S.P. Teverina, dopo che un soggetto (colui che aveva dato fuoco alla macchina del vice brigadiere) era risalito sulla autovettura Fiat Punto dal lato passeggero.
Anche ad una altro carabinieri riuscirono a bruciare la macchina, cioè al vice brigadiere Sossio De Cristoforo, ma quello che hanno cercato di escogitare per il maresciallo maggiore Angelo Ciardiello detto “er messicano” ha davvero dell’incredibile.
Niente di meglio che leggere voi stessi gli elementi sintetizzati nell’ordinanza d’arresto del sostituto procuratore e capo della DDA di Roma Prestipino:
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