Chi ha contenziosi legali con l’Amministrazione e chi non ha pagato le tasse (come il candidato sindaco). Irregolari, al momento, le posizioni di Moscherini, Travaglini, Conigliello e Ceccarini (ma fanno ancora in tempo a mettersi in regola)
TARQUINIA – La vicenda San Giorgio, in via di definizione dopo oltre cinquant’anni, ha fatto emergere una situazione che nessuno immaginava a cominciare da noi. Con il nuovo regolamento, ciascun candidato, deve presentare anche il certificato penale, il curriculum e deve leggere nel dettaglio quale deve essere la sua posizione nei confronti dell’amministrazione prima che avvenga la convalida degli eletti.
Ciò significa che non bisogna aver riportato condanne penali di un certo tipo, di non avere contenziosi con il Comune. Aver pagato regolarmente le tasse e non avere ricorsi pendenti anche in tal senso.
Allo stato attuale, nello sfogliare gli atti pubblici dell’Albo Pretorio del Comune di Tarquinia, risulterebbero incompatibili, oltre il candidato sindaco Gianni Moscherini, alcuni candidati a consigliere come Arduino Travaglini, Roberto Ceccarini, Giuseppa Margherita Conigliello.
Per Gianni Moscherini la situazione è facilmente risolvibile. Il suo problema è legato a tasse non pagate da diversi anni e, per sanare la propria posizione, basterà semplicemente versare nelle casse dell’Agenzia delle Entrate le somme non pagate. O meglio. Dovrà ritirare il ricorso presentato dal suo avvocato, Filippo Mattia Russo, pagare il tributo territoriale e la TARES, dopodiché, la sua posizione tornerà ad essere linda e pinta dal punto di vista dell’incompatibilità.
Per coloro che sono candidati al consiglio comunale come Travaglini, Conigliello e Ceccarini le cose sono molto più complicate.
Queste sono le posizioni più evidenti.
I loro contenziosi sono legati ad abusi edilizi compiuti a San Giorgio e contestati attraverso procedimenti penali e/o amministrativi ancora pendenti o non sanati.
Con ricorsi ancora pendenti e provvedimenti in corso, per la demolizione dei fabbricati abusivi o in corso di acquisizione per le mancate demolizioni, le loro posizioni, al momento, sembrano insanabili.
In poche parole, non potranno mai far parte del consiglio comunale in quanto non avrebbero il tempo materiale per sanare le loro posizioni che risultano essere molto complesse. Ovviamente queste sono quelle che chiunque di noi voglia verificare lo potrà fare molto agevolmente sfogliando gli atti dell’Albo Pretorio.
Nel vademecum del candidato, poi, ci sono dei passaggi inequivocabili che vanno letti ma, per avere più facile comprensione, riportiamo un parere dell’ANCI che appare tranciante sull’argomento:
Estremi nota parere | |
Protocollo | 1019 |
Data | 26/01/2018 |
Estremi quesito | |
Anno | 2018 |
trimestre | 1 |
Ambito | Ordinamento generale |
Materia | Amministratori |
Oggetto | Incompatibilità di un consigliere comunale per lite pendente. |
Massima | 1) Affinché possa ravvisarsi la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, co. 2, n. 4, TUEL per lite pendente, l’amministratore locale deve essere parte, in senso processuale, in un procedimento civile o amministrativo con il Comune, con la conseguenza che l’intervenuta rinuncia alla lite, non oggetto di opposizione da parte del comune, fa venir meno la sussistenza dell’indicata causa di incompatibilità.
2) Affinché possa ravvisarsi la causa di incompatibilità di cui all’art. 63, co. 2, n. 6, TUEL l’amministratore locale deve avere un debito liquido ed esigibile verso il comune e da questi deve essere stato messo legalmente in mora per la medesima fattispecie debitoria. |
Funzionario istruttore | |
Parere espresso da | Servizio affari istituzionali e locali, polizia locale e sicurezza |
Testo completo del parere | Il Comune chiede un parere in materia di incompatibilità degli amministratori locali per lite pendente. Più in particolare, desidera sapere se possa essere contestata la sussistenza dell’indicata causa di incompatibilità ad un consigliere comunale in relazione ad una articolata vicenda che lo vede coinvolto nei confronti dell’amministrazione comunale.
Di seguito, si riportano alcuni elementi della fattispecie in essere, descritti nel quesito, che pare possano fornire indicazioni utili ai fini della disamina della questione posta. ….. L’articolo 63, comma 1, num. 4) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo con il comune. La giurisprudenza[2] ha chiarito che “la ratio dell’incompatibilità risiede nell’esigenza che il consigliere dell’ente territoriale eserciti sempre le funzioni pubbliche in modo trasparente ed imparziale, senza prestare il fianco al sospetto che la sua condotta possa essere, in qualche modo, orientata dall’intento di tutelare il suo interesse contrapposto a quello dell’ente che è stato chiamato ad amministrare”. Nello stesso senso, il Ministero dell’Interno, ha rilevato che: “In siffatte ipotesi, l’incompatibilità trova fondamento e giustificazione nel pericolo che il conflitto di interessi determinativo della lite medesima possa orientare le scelte dell’eletto in pregiudizio dell’ente amministrato, o comunque possa ingenerare, all’esterno, sospetti al riguardo; donde risponde ad una scelta del legislatore di sacrificio del diritto alla carica a fronte di detta eventualità.”[3]. L’articolo 63, comma 1, num. 4), TUEL esplicita il concetto di “lite pendente” che consiste nell’essere “parte in un procedimento civile o amministrativo con la regione, la provincia o il comune”’, con la conseguenza che per potersi ravvisare l’incompatibilità di che trattasi occorre che i soggetti in conflitto di interessi siano divenuti parti contrapposte in un procedimento, e cioè abbiano assunto la qualità di parti in senso processuale[4]. Con riferimento alla questione in esame, la lite insorta tra le parti (che indubbiamente rientra nella nozione di lite fatta propria dal legislatore) è stata oggetto di rinuncia[5] e il giudizio è stato dichiarato estinto dal giudice, ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104[6], tra l’altro, prima ancora che il soggetto in questione assumesse la carica di amministratore locale. Segue che nessuna lite può dirsi pendente tra l’amministrazione comunale e il consigliere, con conseguente insussistenza della causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, num. 4), TUEL. Per completezza espositiva si segnala, altresì, la norma di cui all’articolo 63, comma 1, num. 6, del D.Lgs. 267/2000 ai sensi della quale non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che, avendo un debito liquido ed esigibile verso il comune è stato legalmente messo in mora. Come rilevato anche dal Ministero dell’Interno, la liquidità esprime “la certezza del debito e del suo ammontare”, l’esigibilità “che lo stesso debito non sia soggetto a termini o condizioni e, quindi, la disponibilità immediata del denaro”[7]. Circa, invece, la definizione di “legale messa in mora” si rileva che l’articolo 1219 del c.c. stabilisce che: “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”[8]. Con riferimento alla fattispecie in essere, se la sussistenza del debito relativamente ai lavori che dovessero essere eseguiti dalla ditta assegnataria degli stessi verrà ad esistenza solo all’esito del loro compimento, nel momento in cui il Comune si rivarrà sul soggetto obbligato mediante messa in mora, a diverse conclusioni potrebbe addivenirsi circa le somme di cui il consigliere risulti eventualmente debitore nei confronti del Comune per “spese rinvenienti dai giudizi”. A tale ultimo riguardo il consiglio comunale[9], qualora ricorrano tutti i requisiti richiesti dall’articolo 63, comma 2, num. 6) TUEL per l’insorgenza della causa di incompatibilità e consistenti nella certezza, liquidità del debito e nell’avvenuta legale messa in mora del debitore relativamente alle somme dovute, dovrà procedere alla relativa contestazione, ai sensi dell’articolo 69 TUEL. ——————————————————————————– [1] Si precisa che al tempo dell’instaurazione del procedimento amministrativo a suo carico il soggetto in riferimento non rivestiva alcuna carica politica all’interno del comune. [2] Corte di Cassazione, sez. I, sentenza del 4 maggio 2002, n. 6426. [3] Ministero dell’Interno, parere del 9 ottobre 2009. [4] In questo senso si veda Ministero dell’Interno, parere del 24 aprile 2015. [5] L’articolo 84 del D.Lgs. 104/2010 al comma 1 recita: “La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale”. Il successivo comma 3 prevede, poi, che: “La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue”. [6] L’articolo 35, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 104/2010 recita: “Il giudice dichiara estinto il giudizio: omissis; c) per rinuncia”. [7] Ministero dell’Interno, parere del 16 marzo 2007. [8] Il secondo comma dell’articolo 1219 c.c. stabilisce, poi, che: “Non è necessaria la costituzione in mora: 1) quando il debito deriva da fatto illecito; 2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione; 3) quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. […]”. [9] Si ricorda, al riguardo, che la valutazione della sussistenza delle cause di ineleggibilità o di incompatibilità dei componenti di un organo elettivo amministrativo è attribuita dalla legge all’organo medesimo. È, infatti, principio di carattere generale del nostro ordinamento che gli organi elettivi debbano esaminare i titoli di ammissione dei propri componenti. Così come, in sede di esame della condizione degli eletti (art. 41 del D.Lgs. 267/2000), è attribuito al consiglio comunale il potere-dovere di controllare se nei confronti dei propri membri esistano condizioni ostative all’esercizio delle funzioni, qualora venga successivamente attivato il procedimento di contestazione di una causa di incompatibilità, a norma dell’art. 69 del D.Lgs. 267/2000, spetta al consiglio, al fine di valutare la sussistenza di detta causa, esaminare le osservazioni difensive formulate dall’amministratore e, di conseguenza, adottare gli atti che siano ritenuti necessari. |
Questi documenti sono la prova del contenzioso che può essere ovviamente sanato anche da loro provvedendo all’immediata demolizione degli abusi compiuti e alla tempestiva comunicazione agli uffici competenti del ripristino stato dei luoghi.
ORDINANZA TRAVAGLINI
CONIGLIELLO ACQUISIZIONE