CIVITAVECCHIA – E’ stato ascoltato questa mattina, negli uffici della Procura di Civitavecchia, Davide Vannicola, l’uomo che in una intervista esclusiva al programma televisivo Le Iene ha parlato dell’omicidio di Marco Vannini rilasciando delle dichiarazioni sconcertanti.
L’uomo ha confermato quelle dichiarazioni al magistrato e cioè ha detto che il maresciallo Roberto Izzo, il comandante della caserma dei carabinieri che era in servizio la notte in cui morì Marco, il 15 maggio 2015, gli avrebbe fatto delle confessioni molto importanti sulla morte del ragazzo. Secondo lui, a sparare non fu Antonio Ciontoli, ma il figlio Federico. E il padre, in tutti questi anni, lo avrebbe protetto addossandosi la colpa dell’omicidio. Roberto Izzo ha sempre smentito di aver fatto queste confidenze a Vannicola: bisogna vedere adesso se la Procura di Civitavecchia dopo questa deposizione considererà attendibile il commerciante di Tolfa oppure no.
“Un giorno Izzo mi viene a trovare in negozio a Tolfa e mi disse: “Forse ho fatto una cazzata, che forse a livello di coscienza non si può recuperare perché è morto un ragazzo. Una cosa che mi porterò dentro tutta la vita”, ha detto Davide Vannicola. Secondo la versione dell’uomo Izzo, con cui lo legherebbe da anni un rapporto di amicizia, gli avrebbe telefonato molto agitato raccontando un’altra versione dei fatti.
Una versione in cui a sparare non è stato Antonio Ciontoli, ma il figlio Federico. “Ti ricordi di Ciontoli? La sera stessa che Marco Vannini è morto Ciontoli mi chiamò: ‘Robe’, c’è mio genero nella vasca da bagno con un colpo di pistola, mi devi aiutare. Io ho consigliato ad Antonio Ciontoli di prendersi la colpa lui invece del figlio”. Non si conoscono i motivi per cui Vannicola avrebbe parlato a distanza di così tanto tempo. Le sue dichiarazioni, se considerate attendibili, potrebbero mettere nei guai l’ex capo della caserma, che però ha sempre negato ciò che dice Vannicola.
“Sono tutte situazioni inventate. Io stavo dormendo, Ciontoli mi ha telefonato: “Robe’ ho fatto un casino” e subito dopo mi è arrivata la telefonata dalla caserma nella quale mi informavano dell’accaduto e io ho risposto: “Lo so, ho saputo qualcosa e sto andando là”.
La deposizione davanti al capo della Procura Andrea Vardaro e al sostituto Roberto Savelli è comunque stata secretata.