A dirigere l’orchestra il giovane talento iraniano Hossein Pishkar
Mercoledì 14 settembre 2019, presso la piazza XX settembre di Configni, l’Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani farà il suo debutto in grande stile con un concerto sinfonico dedicato a Franz Joseph Haydn, con la sua sinfonia in Fa maggiore numero 89, e Robert Schumann con la magnifica sinfonia numero quattro op. 20 in re minore.
A guidare l’orchestra nel suo primo concerto ufficiale sarà il grande talento del giovane direttore iraniano Hossein Pishkar che, interrompendo le sue vacanze in Iran, ha deciso di fermarsi in Italia per questo appuntamento con la musica sinfonica a Configni prima di tornare in Germania, dove risiede stabilmente dal 2012. L’evento sarà ad entrata libera fino ad esaurimento posti, con prenotazione vivamente consigliata su www.eventbrite.it.
Orchestra Filarmonica VITTORIO CALAMANI
L’Associazione Festival della Piana del Cavaliere, nel suo terzo anno di attività, si concentra nella realizzazione di un progetto orchestrale che valorizzi talentuosi musicisti provenienti dal panorama nazionale e internazionale, affinché si confrontino all’interno di una realtà musicale professionale che aspira ad una qualità d’eccellenza.
L’obiettivo nasce dalla volontà di investire nella bellezza, nella cultura e nell’arte, ma soprattutto dalla certezza che i giovani siano un patrimonio da coltivare nel rispetto delle loro capacità professionali e artistiche.
L’opportunità di perfezionarsi nell’ambito orchestrale e al tempo stesso di realizzarsi nell’ambito lavorativo è attuabile grazie al sostegno dell’azienda Aisico srl nella persona dell’Ingegner Stefano Calamani, che crede fortemente nel bisogno di investire nella crescita culturale di questo Paese.
Questo sguardo al promettente futuro di una società in cui la cultura ha un ruolo predominante, e su cui vale la pena di investire, non poteva essere meglio rappresentato che dal M° Hossein Pishkar, che ci ha dato la sua disponibilità affermando che “la musica non è un bene di lusso” e che è necessario capire quanto in realtà rappresenti “una necessità per la cultura, per la bellezza e per la vita umana”. Un pensiero del genere non può che concretizzarsi in un concerto in cui i giovani, il futuro della nostra società, siano guidati da mani sapienti verso una professione che regala al pubblico un’esperienza indelebile, un evento dal vivo che con la sua potenza emozionale può cambiare la vita delle persone.
HOSSEIN PISHKAR
Tedesco d’adozione, dal 2012, il giovane direttore d’orchestra iraniano inaugura una nuova e significativa fase della sua carriera quando, nel 2017, vince sia il prestigioso “Deutscher Dirigentenpreis”, assegnato al Miglior Direttore in una competizione internazionale organizzata dalla Westdeutscher Rundfunk (WDR) con le principali istituzioni musicali di Colonia, sia il premio “Ernst-von-Schuch”, assegnato annualmente dal Forum dei Direttori d’orchestra. Nato a Teheran nel 1988, intraprende lo studio della musica da bambino, suonando musica tradizionale persiana e vincendo numerosi premi esibendosi con vari strumenti, tra cui il tar, il liuto a 6 corde della tradizione persiana. Prima di trasferirsi a Düsseldorf nel 2012, per studiare Direzione d’orchestra con Rüdiger Bohn alla Robert Schumann Hochschule, studia composizione e pianoforte nella sua città natale. In Iran dirige la Teheran Youth Orchestra e l’Orchestra della Teheran Music School.
Allievo di Riccardo Muti nell’ambito dell’Italian Opera Academy del 2017, ha seguito masterclass di Sir Bernard Haitink (Lucerne Festival Orchestra, 2016). Dal 2015 fa parte del prestigioso programma tedesco Dirigentenforum, nel cui contesto studia con John Carewe, Marko Letonja, Nicolás Pasquet, Mark Stringer e Johannes Schlaefli. Ha inoltre tenuto concerti con l’Orchestra Cherubini, la Hofer Sinfoniker, l’Orchestra da camera St. Michel Strings di Mikkeli (Finlandia), la Staatskapelle di Halle, la Filarmonica Nazionale di Magonza, la Filarmonica Renana di Coblenza e molte altre. Come Direttore assistente ha collaborato con Hermann Bäumer al Teatro Nazionale di Magonza, dove nel 2018 ha diretto prove e recite del Don Carlos di Verdi. In precedenza aveva assistito Sylvain Cambreling alla Junge Deutsche Philharmonie, nel 2016, dirigendo le prove della Lulu di Berg e dell’anteprima mondiale di Still, il concerto per violino di Rebecca Saunders. Nella stagione 2015-16 ha lavorato anche con Daniel Raiskin, Primo Direttore della Filarmonica Renana di Coblenza. Di nuovo, come Direttore assistente, ha collaborato alla rappresentazione dell’opera di Haydn Il mondo della luna (Robert Schumann Hochschule, Düsseldorf, 2017). Ulteriori informazioni riguardanti il Maestro Pishkar sono consultabili sul sito internet hosseinpishkar.it.
NOTE DI SALA
Compositore austriaco del Settecento, Franz Joseph Haydn è stato, insieme a Mozart e Beethoven, uno dei protagonisti del classicismo viennese, momento tra i più luminosi della storia della musica. Nato a Rohrau in Austria nel 1732 da genitori poveri, entrò giovanissimo come cantore nella cattedrale di Vienna e fu avviato allo studio della musica da un parente. Studiò canto, violino, clavicembalo e composizione, adattandosi per i primi anni a qualche saltuario lavoro come insegnante o come orchestrale. Una svolta decisiva nella sua vita si ebbe nel 1761, quando il ricchissimo principe Nicola Esterhazy lo assunse come compositore alla sua corte; qui Haydn rivestì l’incarico di maestro di cappella per circa trent’anni scrivendo musiche per le più svariati occasioni. Il numero delle sue composizioni è enorme e annovera più di cento sinfonie, circa ottanta quartetti, numerose sonate, concerti, trii e messe. Quando del 1790 morì il principe Esterhazy, Haydn fu licenziato, ma ricevette immediatamente l’incarico di recarsi a Londra per comporre e dirigere alcune sinfonie. La fama e la fortuna di Haydn sono legate proprio alla musica strumentale, e in particolare ai quartetti per archi e alle sinfonie. A questi generi Haydn impresse un segno molto profondo, dando all’insieme strumentale quell’elegante perfezione stilistica e formale che conferirono alle sue opere tanta popolarità. Morì, famoso e colmo di onori, nel 1809 a Vienna.
La sinfonia numero 89 in fa maggiore, Hoboken I/89, è stata scritta da Joseph Haydn nel 1787 ed è stata eseguita sotto gli auspici di Nikolaus Esterházy alla residenza Esterháza.
L’opera è nella classica forma in quattro movimenti ed è orchestrata per flauto, due oboi, due fagotti, due corni e archi.
Il primo movimento si apre con cinque accordi forti e staccati seguiti da una fluttuante melodia in piano. Lo sviluppo mantiene l’ordine tematico dell’esposizione, ma sviluppa la struttura armonica. Alla fine, nella ripresa, la musica rimane sulla tonica, ma sono i temi stessi che si sviluppano. Questo ha l’effetto di intrecciare melodicamente lo sviluppo e la ripresa, mentre si mantiene chiara la loro funzione armonica. Haydn aveva già precedentemente usato questo effetto nella sinfonia numero 75.
Il secondo movimento è una siciliana in sei ottavi con un tema fluttuante. A causa delle origini del pezzo, tratto dai concerti per Lire che possono suonare solo in alcune chiavi, questo è uno dei movimenti più lineari scritto da Haydn.
Il terzo movimento è un minuetto in cui i fiati hanno il ruolo predominante. Nessun altro minuetto sinfonico comincia con la sola sezione dei fiati. Il trio mette in evidenza specialmente il flauto. Anche il quarto movimento deriva da un precedente concerto per Lire, poi trascritto e rivisto per questa Sinfonia. Il tempo ternario finale si estende fino a diventare un rondò con una lunga coda. Il secondo episodio è, invece, un contrappunto in fa minore abbastanza turbolento e che porta il movimento ad un peso sinfonico tale che sarebbe stato fuori luogo nella versione del concerto per Lire. Nel ritornello, Haydn usa un espediente musicale inusuale che induce i musicisti a trascinare il tema non appena si ripresenta.
Robert Schumann nacque in Sassonia, una regione della Germania centro orientale, nel 1810; crebbe in un ambiente ricco di stimoli culturali. I genitori, favorevoli ai suoi interessi letterari e musicali, lo avviarono ben presto allo studio della musica e lo iscrissero al ginnasio del paese natale, dove il giovane Robert imparò ad amare la letteratura e la poesia. Queste due passioni accompagnarono tutta la vita del musicista, che seppe coltivarle con uguale entusiasmo, anche se è nella musica che Schumann ha saputo esprimere maggiormente le sue intuizioni artistiche.
Di spirito inquieto e curioso, egli cominciò ben presto a viaggiare recandosi a Lipsia, a Dresda, a Praga, in Italia e a Francoforte; qui rimase impressionato dall’ascolto di un concerto di Paganini a tal punto che decise di dedicarsi completamente allo studio della musica, abbandonando l’università di Lipsia a cui si era iscritto nel 1828. Si buttò però con foga eccessiva nello studio della tecnica pianistica, sottoponendo le proprie dita a sforzi ed esercizi troppo faticosi, tanto che ben presto la mano destra gli si paralizzò, costringendolo a interrompere la sua promettente carriera pianistica. Si dedicò allora alla composizione e all’attività di critico musicale, fondando nel 1834 la più importante rivista musicale tedesca del secolo. Come compositore, oltre a lavori giovanili quali i Papillones e le Polonaises per pianoforte, intorno al 1840 scrisse i suoi più famosi lieder per canto e pianoforte, i quartetti per archi, i quartetti e i quintetti con pianoforte. A questi lavori cameristici seguirono il famoso Concerto per pianoforte e orchestra, che gli procurò un grande successo, e le quattro sinfonie terminate nel 1851.
La salute del musicista era però minata da un’inguaribile malattia mentale, che lo portò alla completa pazzia. Morì nel manicomio di Endenich, vicino a Bonn, nel 1856.
La Sinfonia n. 4 è la seconda, cronologicamente, composta da Schumann. Iniziò a scrivere questa composizione il 30 maggio del 1841 e la portò a compimento il 9 ottobre dello stesso anno. Il compositore revisionerà la partitura dieci anni dopo. La prima esecuzione della versione del 1841 ebbe luogo a Lipsia il 6 dicembre dello stesso anno. Ottenne però un parziale insuccesso che spinse il compositore a ritirarla dalla circolazione, per riproporla, rivista, a Düsseldorf il 3 marzo del 1853. Schumann considerava la revisione, ovviamente, come un grande miglioramento, ma numerosi, al contrario, sono i pareri negativi (tra cui quello, illustre, di Brahms). Sinteticamente si può dire che la revisione migliora la logica, la concezione strutturale della sinfonia ma ne peggiora, appesantendola, l’orchestrazione. Ancor più che nella Prima Sinfonia appare in questa, come centro del pensiero compositivo schumanniano, il lavoro di interrelazione tra i temi. I confini della forma classica non sono congeniali a Schumann, e ciò è dimostrato anche dal fatto che nella revisione egli richiede l’esecuzione dell’intera sinfonia senza interruzioni tra i diversi movimenti. Garantita l’unità mediante i rimandi tematici, l’opera si svolge secondo le linee di una fantasia di ampie proporzioni, seguendo un criterio formale che anticipa piuttosto le forme cicliche usate dai tardo-romantici.