La Rete dei laboratori nazionali di astrobiologia – fondata dalla Società italiana di astrobiologia (Sia), presieduta da Raffaele Saladino dell’Università della Tuscia di Viterbo
PARMA – Interessante articolo di Margherita Lopes su Adnkronos. Guardare alle stelle a ‘caccia’ dei segreti della chimica che ha dato origine alla vita sulla Terra. Con l’obiettivo (anche) di individuare nuove strategie per battere nemici insidiosi per la salute come i virus.
Il laboratorio di ricerca diretto da Marco Radi, del Dipartimento di scienze degli alimenti e del farmaco dell’Università di Parma, è uno dei 14 centri che fanno parte dell’Istituto astrobiologico italiano (Iai-AstrobioLab), una nuova rete multidisciplinare specializzata nello studio dell’astrobiologia. “Negli stati Uniti, anche grazie alla Nasa, si parla molto di questa branca, che in Italia è meno nota. L’obiettivo della rete è mettere in comunicazione tutti gli specialisti impegnati nella ricerca del settore”, per fare massa critica e “favorire svolte applicative”, spiega Radi all’AdnKronos Salute.
La Rete dei laboratori nazionali di astrobiologia – fondata dalla Società italiana di astrobiologia (Sia), presieduta da Raffaele Saladino dell’Università della Tuscia di Viterbo – riunisce circa 80 ricercatori operanti in varie università ed enti di ricerca italiani selezionati da un panel di esperti nazionali e internazionali. I laboratori che aderiscono allo Iai-AstrobioLab saranno coinvolti nella ricerca fondamentale e applicata nei principali settori dell’astrobiologia, che comprendono l’origine della vita, l’astrochimica, la chimica prebiotica, la radiobiologia, la biologia sintetica, gli estremofili, l’abitabilità, la ricerca della vita nello spazio, la ricerca della vita nei pianeti extra-solari, la panspermia, lo sviluppo di nuove procedure analitiche e l’identificazione di biomarcatori della vita. Con l’obiettivo di trovare nuove armi per dare scacco ai virus.
“Il mio laboratorio si occuperà dello sviluppo di nuove metodiche sintetiche, basate sulla chimica prebiotica, che ha portato alla nascita e al perpetuarsi della vita sulla terra. La vita sulla Terra – aggiunge – è nata da una sorta di brodo primordiale: la presenza di reazioni chimiche in un determinato ambiente ha portato alla formazione di basi azotate, un po’ come in un pentolone di Harry Potter”.
“Nel corso dell’evoluzione le cellule hanno sviluppato dei meccanismi di difesa dai raggi Uv, dalle sostanze tossiche presenti nell’ambiente, insomma da una serie di insulti esterni. I virus invece – continua Radi – non hanno sviluppato queste difese: usano quelle dell’ospite”. In pratica, noi.
“Nel corso di milioni di anni – prosegue – le cellule primordiali e i virus sono evoluti insieme, e ora parlano lo stesso linguaggio. Se però modifichiamo le condizioni originarie della vita, creando un percorso evolutivo parallelo, potremmo selezionare delle strade alternative tollerate dalle cellule umane, ma non dai virus. E ritorcerle contro i patogeni”. In pratica, trovare delle varianti chimiche contro le quali i virus non sanno difendersi.
Questo studio potrebbe portare all’individuazione di molecole non-naturali capaci di bloccare la replicazione di virus, batteri o anche altri parassiti non terresti, sviluppando così un sistema di biodifesa che mantenga inalterata la replicazione delle cellule eucariote. Non solo. “In alcuni laboratori della rete si studieranno meteoriti piovuti sul nostro pianeta, mentre in altri rocce o elementi prelevati da sonde spaziali”, conclude Radi.