VITERBO – Tutto inizia nel dicembre del 2017, i genitori di una piccola bambina di tre anni che non vanno più d’accordo si separano. A questo punto la mamma, di origini sarde (nella foto), rimasta senza lavoro, decide di lasciare la Tuscia per tornare dai genitori e portare con se la figlioletta, impedendo al padre, professionista viterbese di vederla. Da allora la vicenda finisce nelle aule di tribunale. Finché la giudice, Fiorella Scarpato, non decide che la piccola, visto soprattutto “il comportamento inadeguato della mamma”, deve tornare nella casa paterna, e il padre vola in Sardegna a riprendersi la bambina.
“Non la consegnavo perché temevo che non l’avrei più rivista – le parole della madre che per diverse ore ha opposto resistenza agli agenti -. Mi hanno tolto tutto, vogliono togliermi la dignità. Lotterò fino alla morte per mia figlia.”
E’ l’estate del 2018 e la bambina torna a vivere con il papà a Viterbo e così è stato da allora. Per la donna il Tribunale stabilisce che non potrà avere contatti telefonici con la piccola, ma potrà vederla in una struttura protetta alla presenza degli assistenti sociali che presenteranno una relazione bimestrale sull’andamento degli eventi.
Oggi, l’avvento del coronavirus, ha bloccato ogni possibile incontro, e la 38enne M. da tre mesi non vede la bambina nemmeno in videochiamata.
Dopo l’appello lanciato venti giorni fa è intervenuta la Garante per l’infanzia della Regione Sardegna, Maria De Matteis, che ha contattato il collega del Lazio, Jacopo Marzetti, innescando le verifiche sul caso, e ora la deputata Veronica Giannone, segretaria della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
“Una situazione insostenibile, palesemente contraria al principio della doppia genitorialità e al diritto della piccola di poter fruire dell’affetto della giovane mamma – commenta Maria Grazia Caligaris, che attraverso l’associazione Socialismo Diritto Riforme sta seguendo gli sviluppi della vicenda -. Allo stato non risulta essere stata avviata dalle assistenti sociali del Comune in cui la bambina vive con il padre alcuna iniziativa per garantire i colloqui almeno via Skype”.
Il caso, seguito dall’avvocato Cristina Puddu, legale della donna, “sta assumendo contorni drammatici per la piccola – spiega Caligaris – potrebbe infatti manifestare crisi di panico, non sentendosi sufficientemente accudita dalla mamma. La situazione deve essere chiarita al più presto, perché sembra configurarsi una pratica non solo illegale, in quanto lede un diritto, ma pesantemente dannosa per una creatura il cui equilibrio psico-fisico è già stato sottoposto a pesanti prove”.
B.F.