Trasversale Terni-Orte-Civitavecchia nelle mani del commissario ma il tracciato verde non si farà. Salva la Valle del Mignone

Anche la Corte di Giustizia Europea hanno suggerito di prendere in considerazione il tracciato viola. Ecco in esclusiva la sentenza appena pubblicata (vedi)

Viterbo – “Completamento Orte – Civitavecchia: verificate possibili alternative al tracciato”.

Per il tratto nella zona Natura 2000 del Mignone, la corte di giustizia dell’Unione europea chiede di valutare alternative: “meno dannose per l’ambiente”, nella risposta ai ricorsi presentati da associazioni ambientaliste. Lo riporta l’Ansa.

Il ricorso delle associazioni e dei comitati, ha salvato la Valle del Mignone!La corte di giustizia EU ha chiarito che il tracciato verde non è l’unico tracciato possibile. Con grande soddisfazione le associazioni ambientaliste Del territorio accolgono la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la quale si è statuito che l’art. 6 della Direttiva Habitat “dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, della procedura di autorizzazione di un piano o di un progetto la cui incidenza su una zona speciale di conservazione non possa essere mitigata e sul quale l’autorità pubblica competente abbia già espresso parere negativo, a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.

La corte torna al tracciato viola, chiedendo al giudice nazionale se possa rappresentare un’alternativa  rispetto a quello verde.

Il primo era stato accantonato, perché giudicato eccessivamente costoso, mentre per il secondo  dovrebbero essere adottate compensazioni.

Il completamento dell’arteria, da Monte Romano fino all’imbocco con la Tirrenica, fa parte delle opere che il governo ha ritenuto strategiche e per le quali sarà nominato un commissario per arrivare a termine.

L’esito del ricorso era un elemento d’incertezza sulla procedura, adesso, nel momento in cui il commissario sarà incaricato, avrà il quadro completo della situazione.

Queste le conclusioni della Suprema Corte di Giustizia Europea:

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, della procedura di autorizzazione di un piano o di un progetto la cui incidenza su una zona speciale di conservazione non possa essere mitigata e sul quale l’autorità pubblica competente abbia già espresso parere negativo, a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta
minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

2) Qualora un piano o un progetto abbia formato oggetto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, di una valutazione negativa quanto alla sua incidenza su una zona speciale di conservazione e lo Stato membro interessato abbia comunque deciso, ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo, di realizzarlo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, l’articolo 6 di tale direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale consente che detto piano o progetto, dopo la sua
valutazione negativa ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo e prima della sua adozione definitiva in applicazione del paragrafo 4 del medesimo, sia completato con misure di mitigazione della sua incidenza su tale zona e che la valutazione di detta incidenza venga proseguita. L’articolo 6 della direttiva 92/43 non osta invece, nella stessa ipotesi, a una normativa che consente di definire le misure di compensazione nell’ambito della medesima decisione, purché siano soddisfatte anche le altre condizioni di attuazione dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva.

3) La direttiva 92/43 dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede che il soggetto proponente realizzi uno studio dell’incidenza del piano o del progetto di cui trattasi sulla zona speciale di conservazione interessata, sulla base del quale l’autorità competente procede alla valutazione di tale incidenza. Tale direttiva osta invece a una normativa nazionale che consente di demandare al soggetto proponente di recepire, nel piano o nel progetto definitivo, prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dopo che quest’ultimo abbia formato oggetto di una valutazione negativa da parte dell’autorità competente, senza che il piano o il progetto così modificato debba costituire oggetto di una nuova valutazione da parte di tale autorità.

4) La direttiva 92/43 dev’essere interpretata nel senso che essa, pur lasciando agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a valutare l’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione nel rispetto dei criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte, osta invece a che una qualsivoglia autorità prosegua o completi tale valutazione, una volta che quest’ultima sia stata realizzata.

Ecco il testo integrale della sentenza che, di fatto, ha dato ragione ai ricorrenti e al sindaco di Tarquinia Alessandro Giulivi che aveva raccolto il testimone del suo predecessore Mauro Mazzola:

 

Sentenza Corte di Giustizia del 16.07.2020