Viterbo – E’ noto ormai che la Xylella fastidiosa, il patogeno batterico che, dal 2013, sta decimando i maestosi ulivi pugliesi. La comunità scientifica in questi anni ha compiuto enormi sforzi per comprendere meglio questo patogeno e cercare di contenerlo. Ad esempio, diversi studi genetici hanno chiarito che a colpire tanto violentemente l’olivo è una sottospecie del batterio, denominata pauca, e che all’origine del problema c’è stata l’importazione di materiale vegetale infetto, diverso dall’ulivo, presumibilmente dal centro America. Questo salto di specie non deve stupire, visto che tra le tante armi a disposizione del patogeno c’è la capacità di colonizzare moltissime specie vegetali, coltivate e spontanee, a volte senza nemmeno indurre i sintomi della malattia. Un passo avanti negli “strumenti” a disposizione della comunità scientifica per affrontare questo nemico è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista Scientific Reports (https://www.nature.com/articles/s41598-020-68072-5) del gruppo Nature. Infatti, la collaborazione tra il gruppo di patologia vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università degli Studi della Tuscia e l’Istituto Agronomico Mediterraneo (CIHEAM) di Bari, coordinata dai professori Angelo Mazzaglia e Giorgio Balestra, ha portato alla definizione di una metodica molecolare che consente di distinguere e riconoscere individui geneticamente molto simili tra loro, come sono quelli appartenenti alla stessa sottospecie pauca. Partendo dall’analisi comparativa di diversi genomi del patogeno si è giunti all’identificazione di alcune regioni specifiche, dette tandem repeats, che per la loro alta variabilità permettono di caratterizzare e riconoscere popolazioni diverse del batterio. “È un po’ quello che si fa nei telefilm polizieschi in cui si riconosce l’assassino sulla base del suo DNA” dice il professor Mazzaglia, “allo stesso modo, con questo metodo possiamo riconoscere le varianti del batterio, tracciarne i movimenti sul territorio e capire come la situazione evolve nel tempo. I batteri, infatti, si riproducono molto velocemente e per questo sono capaci di adattarsi efficacemente e rapidamente a nuove situazioni ambientali. Oggi, a 7 anni dalla sua apparizione nel Salento, non è improbabile che si siano evolute popolazioni di Xylella fastidiosa diversificate tra aree geografiche diverse o, addirittura, specializzate per colonizzare l’olivo. Comprendere questi cambiamenti è fondamentale per rendere sempre più efficace la lotta a questa pericolosa epidemia.”