ROMA – Meno bimbi nati prematuri, ma triplicati i nati morti; un effetto positivo e uno drammatico registrati durante il lockdown nel Lazio.
A spiegare le dimensioni e i motivi dei due fenomeni è un articolo pubblicato su una rivista di pediatria, Archives Disease in Childhood, a seguito di uno studio epidemiologico compiuto nella Regione Lazio nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, quando cioè tutta Italia era chiusa in casa per difendersi dall’epidemia di coronavirus.
Le conseguenze economiche e sociali di quel primo lockdown nazionale sono state drammatiche. Una di queste è stata la sospensione o il rinvio dei controlli sanitari; e questo ha riguardato anche le donne in gravidanza.
Il metodo
Nel Lazio vivono circa 5,8 milioni di persone e nascono circa il 10% di tutti i nati italiani.
“Lo studio retrospettivo – scrive l’autore, Mario De Curtis, docente di Pediatria alla Sapienza e Direttore della Neonatologia al Policlinico Umberto I – ha valutato il numero di tutti i nati, dei nati molto pretermine (meno di 32 settimane di età gestazionale), moderatamente pretermine (32-36 settimane), a termine (37-41 settimane) e post termine (più di 41 settimane). E’ stato determinato il numero dei nati morti e dei tagli cesarei. Sono stati considerati come nati morti tutti i neonati non vitali alla nascita con un’età gestazionale maggiore di 22 settimane. L’indagine ha preso in considerazione tutti i nati dei centri nascita della Regione nei mesi di marzo, aprile, maggio 2020, cioè nel periodo del lockdown. Questi dati sono stati paragonati agli stessi osservati nello stesso periodo del 2019. Per evitare fattori confondenti sono stati presi in considerazione solo i neonati singoli e non i nati da gravidanze multiple”.
I risultati choc: triplicati i nati morti
De Curtis nella ricerca avverte che nel periodo dato si è osservato un aumento di tre volti dei nati morti. “Questo dato sembrerebbe essere non l’effetto dell’infezione da Covid-19, anche perché l’incidenza della malattia nelle donne in gravidanza nell’Italia centrale, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, è molto bassa (circa 1 per 1000)”.
Invece “sembrerebbe essere la conseguenza del fatto che molte donne, per paura di contrarre l’infezione in ospedale, non hanno effettuato adeguati controlli in gravidanza”.
L’aumento della mortalità perinatale è stato segnalato anche recentemente in un ospedale di Londra e in uno studio effettuato in Nepal. Nulla si sa del resto d’Italia, ma è possibile presumere che se si analizzassero i dati regione per regione si avrebbero risultati simili a quelli del Lazio.
Diminuiscono i prematuri
“La diminuzione dei nati moderatamente pretermine, che rappresentano la gran parte dei nati pretermine (i nati prima di 37 settimane di età gestazionale) – scrive ancora De Curtis – può essere interpretato come effetto del riposo forzato, della sospensione del lavoro fuori casa, della ridotta attività fisica a cui sono state costrette anche le donne in gravidanza durante il lockdown”.
Una riflessione va fatta: se è vero che ci avviciniamo a un nuovo lockdown generalizzato, è necessario che si attuino strategie per prevenire lo stesso nefasto effetto sulle gravidanze. Per contro, “questo studio sembra indicare che il riposo rappresenta un fattore molto importante per ridurre la prematurità che riconosce vari fattori scatenanti e rappresenta una delle cause principali della mortalità infantile”.