Sileoni (Fabi): «Mezzogiorno a rischio usura, per le imprese servono stanziamenti a fondo perduto»

VITERBO – Questa mattina, sul Corriere della Sera, una lunga intervista al viterbese Lando Sileoni, segretario generale della FABI. “Non basta il credito, servono stanziamenti a fondo perduto. A chiederlo è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi in occasione della diffusione di un’indagine sui prestiti garantiti dallo Stato e la situazione del credito durante questi mesi di emergenza covid-19.

«Lo sforzo del settore bancario italiano per sostenere le imprese, durante l’emergenza Covid, è stato e continua a essere significativo» afferma Sileoni.

«I prestiti garantiti dallo Stato, dopo una fase iniziale complessa, – prosegue – vengono erogati rapidamente, anche grazie all’impegno e alla professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori delle banche. Tuttavia, in una situazione così difficile per l’economia, non bastano i finanziamenti: sono indispensabili anche stanziamenti a fondo perduto, proprio per assicurare disponibilità finanziarie al Paese e per evitare che sia le famiglie sia le imprese possano essere costrette a chiedere denaro agli usurai».

«Il sostegno delle banche, anche in chiave ripresa, sarà comunque determinante. – sottolinea Sileoni – In quest’ottica, è essenziale il rinvio dell’entrata in vigore delle nuove regole europee sulla gestione dei crediti deteriorati, note come calendar provisioning: si tratta di norme troppo stringenti che avrebbero un effetto sull’erogazione di nuovi prestiti, costringendo, di fatto, gli istituti a ridurre le erogazioni al settore privato».

L’analisi della Fabi denuncia la presenza di forti squilibri territoriali nella concessione di prestiti e forte rischio usura a causa del protrarsi della pandemia da Covid-19.

In un momento in cui il sostegno finanziario di famiglie e imprese riveste un’importanza vitale e il fattore tempo gioca un ruolo chiave, le disparità economiche già così ampie a livello territoriale continuano a rimanere marcate e trovano conferma nell’analisi dei dati condotta dalla Fabi.

Dall’inizio della pandemia e sino alla prima metà di novembre, sono state complessivamente presentate 1.252.662 domande per un importo complessivo di 101,2 miliardi: sono 277.560 le richieste di finanziamento fino a 800.000 euro per un totale di 82,2 miliardi (296.284 euro l’importo medio), mentre sono 975.102 le richieste di finanziamento fino a 30.000 euro (19.582 euro l’importo medio).

Confrontando il numero delle misure concesse nelle diverse regioni, lo scenario appare decisamente non omogeneo. Gli estremi sono dati, da un lato, da Lombardia ed Emilia-Romagna, regioni che hanno ricevuto più di un terzo del totale e dall’altro, da Molise e Basilicata, regioni che invece faticano a beneficiare del supporto finanziario derivante dalle misure introdotte. Il peso preponderante delle regioni dell’area Centro-Nord sembra evidente non solo nelle fasce di prestiti di importo ridotto (fino a 30.000 euro) ma anche per quelle di importo maggiore (fino a 800.000 euro).

I dati suggeriscono che la diversità nella ripartizione delle risorse finanziarie nell’attuale fase di emergenza spinge il ricorso a forme alternative di finanziamento – anche non legali -soprattutto per i contesti socioeconomici più fragili.

Guardando il totale dei finanziamenti, il 52,7% delle richieste interessa solo quattro regioni (Lombardia 23%, Veneto 11,4%, Emilia-Romagna 10,2%, Toscana 8,2%) dove opera, tuttavia, il 37,7% di pmi e partite Iva. Le attività sommerse, peraltro, continuano a dilagare nel nostro Paese, ma continuano a essere ben presidiate dallo stesso personale bancario, chiamato più che mai a innalzare i presidi del rischio riciclaggio e non solo relativamente alle operazioni allo sportello.