Il calcio piange la scomparsa di Lanfranco Barbanti

E’ scomparso dopo tre mesi di lotta un cordiale uomo e grande tecnico, capace di proporre al Calcio signori atleti quali Fabio Liverani e Angelo Peruzzi. Ma anche di portare alle finali nazionali per i titoli giovanili Palermo e Cagliari

ROMA – (fonte: ilcalciodimax.it)Lanfranco Barbanti se ne è andato, sotto il cielo di Frascati, città dove aveva anche allenato, in Serie D, dopo la vittoria della prima squadra castellana del campionato di Eccellenza Lazio 2002-2003, squadra allenata nella circostanza da Manolo Patalano, del quale fu il successore, con Paolo Coppitelli allenatore.

Lanfranco non è stato ricordato per la sovente frequentazione con la Serie D, vissuta bene sotto Pasquale Specchioli massimo dirigente, ad Anagni. Ma per aver lanciato giovani destinati al Calcio professionistico. E per aver guidato club importanti, su tutti Palermo e Cagliari, a vivere delle bellissime favole fino ai quarti di finale per il titolo nazionale con la Primavera e gli Allievi Nazionali.

Uno dei suoi migliori pupilli è stato di certo Fabio Liverani. Che non ha mai smesso di ricordarne l’importanza connessa agli insegnamenti, comportamentali prima che tattici e tecnici. Angelo Peruzzi, tra i più efficaci portieri degli Anni ’90, nella storia del nostro football.

Ma la parabola di questo eterno giovanotto, nato nel 1939, ha visto le cose migliori quando, ragazzo baldo e di belle speranze, militava nella Società Sportiva Lazio. Accadeva nella categoria De Martino, torneo intitolato a un apprezzatissimo giornalista. Era quello che poi sarebbe divenuto il Torneo Primavera dei successivi decenni e che sarebbe rimasto tale. Già, proprio quel rapporto simbiotico, tra i vivai e le realtà della Serie A e della cadetteria, lo avrebbero visto stimatissimo allenatore.

“Lo studente che avrebbe avuto una carriera certa, tra guadagni e frequentazione di campionati importanti, scelse di giocare con noi amici, nel Gruppo Sportivo U.I.S.P. (Unione Italiana Sport Popolare, oggi Sport per Tutti, n.d.r.)”. A parlare, con voce commossa e con fraterno sentimento, è Luciano Monza, figlio d’arte, nella Lazio, se non come calciatore come dirigente e venturo allenatore. Il padre fu un calciatore della polisportiva più grande d’Europa, negli anni ’40 e ’50, dopo il Varese. Alfredo giocò nella Lazio ed ebbe tre presenze in azzurro, poi divenne dirigente della Lazio del primo scudetto. Quello firmato da Antonio Sbardella, ex direttore di gara internazionale e direttore sportivo, e, in panchina, Tommaso Maestrelli.

Alfredo morì la domenica dopo quel famoso Lazio-Foggia 1-0 rigore di Chinaglia, all’Olimpico, che valse il titolo tricolore, con Panzino di Catanzaro arbitro, scomparso l’altro ieri!

A ritorno dalla successiva trasferta di Bologna (0-0 il finale con i rossoblu salvi per effetto di quel punto), l’autista della Lazio purtroppo si addormentò laddove oggi c’è il casello autostradale di Fiano Romano.

Perirono in 3, e uno, purtroppo, era Alfredo Monza, papà del futuro tecnico di Roma VIII Torre Maura in 1° Categoria e Promozione, e Forte Aurelio (portata in Eccellenza).

Nella foto, concessaci proprio da Luciano e Anna Monza, il primo da destra è Lanfranco Barbanti. Il secondo, di fianco a lui, è proprio Luciano, imprenditore nel settore turistico e ricettivo di grande considerazione nazionale e internazionale.

Lanfranco smessi gli scarpini, siamo negli anni ’80, Dino Viola è il presidente, diventa uno dei cardini tecnici del settore giovanile giallorosso. A seguitare il profondo lavoro di talento di Orlando Di Nitto, l’uomo che ha scoperto Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti, suggerendo a Nils “Il Barone” Liedholm, di non far perdere loro del tempo nel transito dagli Allievi Professionisti alla Primavera. Con il preciso suggerimento di aggregarli subito in prima squadra, in Serie A. E così andò.

E Barbanti seguiva altrettanto il bel lavoro di Francesco “Franco” Scaratti. L’uomo che con un gol da 35 metri al Gornik Zarbze, fece cambiare il regolamento delle competizioni europee. Basate già negli anni ’60, sul doppio confronto, andata e ritorno.

Lanfranco Barbanti avrebbe lavorato alla grande, dal 1982 al 1989, con squadre che avrebbero tirato fuori altre due generazioni di calciatori arrivate nei Professionisti. Con tanto di risparmio per i club capaci di affidarsi a un vero e proprio maestro di Calcio.

Ha lavorato bene con gli Allievi del Cagliari come con la Primavera del Palermo. Squadre in precedenza mai giunte ai quarti di finale – i rosanero – del “Torneo di Viareggio – Coppa Carnevale”. O ai quarti per lo scudetto! Come è avvenuto con i sedicenni, di due anni più piccini d’età, in terra di Sardegna.

Nel Lazio contribuì alla grande vittoria nel campionato di Eccellenza, del Cisco Collatino, sul Guidonia, poi promosso ai play-off prima a Formia poi a Deruta, nella famosa stagione – 2001-2002 – del “Caso Moscardelli”. Il Guidonia, primissimo in classifica, fu penalizzato per una residua squalifica che l’attaccante mancino valorizzato dal bravo Bernardo Iannicelli, direttore sportivo, aveva “scordato” uno stop “a tempo”, 5 turni, oltre il canonico mese. Ci fu una guerra politica, tra la dirigenza delle contendenti, imperniata tutta a destra. La CAF prese una decisione che fu né carne né pesce, con un quoziente a gara, per cercare di non scontentare nessuno. Una sentenza ancora oggi ridicola, che, però, fa giurisprudenza.

In una domenica di maggio, in diretta radio e tv, la formazione di Lanfranco Barbanti meritò, a Santa Marinella, 18 anni e mezzo fa, il successo e la Serie D. Al triplice fischio di Emanuele Monderna di Albano il Cisco Collatino arrivò in Interregionale, con il MISTER felicissimo. Anche il Guidonia raggiunse il club caro a Pierino Tulli.

In D Barbanti avrebbe poi guidato l’Anagni Fontana di un grande presidente imprenditore laziale, Pasquale Specchioli, abruzzese di Montereale.

Tra i calciatori da lui migliorati e lanciati e mantenuti alla ribalta, con Peruzzi e Liverani, Muzzi, Beretta, Statuto. E tanti che oggi ne piangono, con profondità d’animo e umanità, l’estremo salute.

Un uomo di grande determinazione e personalità, cordiale, grintoso, rispettoso dei ruoli. Questo, è stato Lanfranco Barbanti. Quel ragazzino che giocava con Cianchi, Impegnati, Eus, Capitan Calvaresi, Luciano Monza, Bertazzoli, Apolloni, Luzzi e Bini, dando il suo apporto da talentuosa mezzala. Anziché pensare a fare una carriera propria. Per un ideale di amicizia, nobile pensiero. Ecco, perché, già manca, la sua figura. E se è scesa qualche lacrima, MISTER, tu che sei nato prima della guerra e te la facevi raccontare da parenti dolci e protettivi, forti e affamati di vittorie e riscatto, me e ce lo perdonerai.

Ti saluto, nel tuo settore, con la cavalleria sportiva che hai meritato, come ti ha sempre definito la “tua” Tor Tre Teste (oggi guidata da Antonio e Alessio Di Bisceglia, e dal tuo allievo Fabio Liverani) e il suo cantore nel giornalismo, il collega Cesare Lamonaca: “Ciao, MAESTRO di Calcio”. E grazie. Perché dentro a quell’impermeabile c’era il furore del tecnico. E una umanità da tenersi di conto, con la tua riservata discrezione.

Nella fotografia in primo piano da sinistra Franco Cencioni, Capitan Calvaresi, Luciano Monza e Lanfranco Barbanti. E’ la quadra G.S. U.I.S.P. di Roma.