Regione Lazio – Ancora fermi al palo i rinnovi delle commissioni consiliari. Zingaretti non ha tempo

Il Governatore ormai è più di un “ologramma che sorride” è il fantasma dell’Opera

ROMA – “L’ologramma che sorride”, come lo ha definito Concita De Gregorio, “svanisce” soltanto quando c’è da governare il Lazio.

L’ex dipendente del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, dimentica di essere stipendiato dalla Regione e di essere stato eletto dai cittadini per svolgere le funzioni di Presidente.

Il Segretario del PD è ormai impegnato a tempo pieno nel suo incarico politico e considera la regione Lazio alla stregua di un “dopolavoro”. Le cronache di questi giorni raccontano di uno Zingaretti impegnato h24 nella costruzione del nuovo Governo Draghi, prima con le nomine dei ministri, ora con la difficile partita della spartizione delle poltrone dei sottosegretari dove è uscito praticamente, per l’ennesima volta, con le ossa rotte.

“L’ologramma che sorride e svanisce” (così lo ha raccontato Concita De Gregorio), però, dimentica che alla regione Lazio, l’Ente che presiede e che lo stipendia, ci sono 13 Commissioni consiliari “fuori tempo massimo”, scadute, da rinnovare. Ma lui ignora tutto ciò, impegnatissimo nel seguire ora le trattative per la distribuzione delle poltrone governative ora come spendere i soldi del recovery plan.

Secondo ilgiornale.it “Zingaretti avrebbe chiesto a Draghi un rinvio di 48 ore. Al Nazareno la tensione sale dopo l’affondo del sindaco di Firenze Dario Nardella: «Sta diventando il partito dell’establishment, autoreferenziale, lontano dal Paese reale e legato all’apparato romano, in cui comandano esclusivamente le correnti, che non si dividono sulle idee ma sui posti»”.

Inoltre, l’ologramma che sorride e svanisce, tanto caro alla De Gregorio, ha una innata capacità di svanire quando deve onorare gli impegni da Governatore.

Il comma 4 dell’art. 15 del Regolamento dei Lavori del Consiglio regionale del Lazio prevede che “le Commissioni consiliari durano in carica trenta mesi”.

Le stesse sono state costituite il 16 maggio 2019. Quindi sono scadute il 15 novembre 2020. Zingaretti, però, non ha tempo.

Deve fronteggiare la protesta delle donne del PD che si sentono defraudate dal non rispetto delle quote rosa nella nomina dei ministri in capo al Partito Democratico. Oppure tenta di destreggiarsi nella “lotta” interna tra le correnti del partito per mostrare chi ha più muscoli.

D’altronde lui stesso, alcuni mesi fa, ha dichiarato di avere difficoltà a ricoprire il doppio ruolo: “In questi mesi ho onorato un doppio impegno, quello di presidente della Regione e di leader nazionale e oggi avverto un po’ il peso e la fatica di un doppio ruolo, soprattutto nel momento del Covid, che richiederà una presenza e che sarà costante”.

I due incarichi sono compatibili per legge, sorgono dubbi però sull’opportunità di svolgere contemporaneamente due ruoli così importanti: proprio la delicata crisi di Governo dell’ultimo mese ha messo in evidenza il fatto che tra i due incarichi Zingaretti predilige sempre quello politico, delegando al suo vice quello istituzionale.

Già a marzo del 2019, in una intervista su Panorama, l’allora vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, confidava di vederlo sempre meno:

Telese: Adesso che fa il segretario quanto vi riuscite a vedere?

Smeriglio: Non lo vedo più, ma lo sento di continuo.

Telese: Non avrebbe dovuto dimettersi da presidente?

Smeriglio: No, abbiamo fatto un patto con gli elettori. E poi scusi: Di Maio fa il capo politico e gestisce due ministeri! Salvini fa il leader e l’imperatore della Contea sovranista!

Telese: Quindi?

Smeriglio: La politica è cambiata, contano le squadre.

Telese: Cioè lei.

Smeriglio: Tutta la squadra. Ma se mi ha messo in mano queste partite evidentemente si fida.

Un’ammissione senza troppi giri di parole che la capacità di Zingaretti di seguire i lavori in regione sarebbe venuta meno in quella fase. E all’epoca il PD era all’opposizione nel Governo e non c’era una pandemia da fronteggiare.

A volte, però, c’è qualcuno che si fa un esame di coscienza sull’opportunità di svolgere contemporaneamente due ruoli così importanti. Nel 2013, ad esempio, Roberto Maroni si dimise da segretario federale della Lega nord una volta eletto governatore della regione Lombardia. Ma Zingaretti, purtroppo, non è Maroni.

Molti sperano che Zingaretti lasci una delle due poltrone, anche se tutti auspicano sia quella della regione Lazio: in questo modo “l’ologramma che sorride e svanisce” finisce di far danni a via Cristoforo Colombo per dedicarsi a tempo pieno al suo vecchio datore di lavoro.

NOVECENTO